La “sfida” dell’11 settembre 2001: «Scegliere l’amore»

A Santa Maria in Trastevere la preghiera promossa dalla Comunità di Sant’Egidio con l’arcivescovo Paglia, a 20 anni dagli attentati alle Torri gemelle di New York. «Oggi più di ieri c’è bisogno di fedeli che si radunino in preghiera come stasera»

L’invocazione fiduciosa a Dio come «prima opera di pace» di fronte alla «violenza del male». Presiedendo la veglia di preghiera organizzata venerdì sera, 10 settembre, dalla Comunità di Sant’Egidio nella basilica di Santa Maria in Trastevere a 20 anni dagli attentati dell’11 settembre, l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, ha sottolineato come «per i credenti, intensificare l’impegno per la pace significa anche intensificare la preghiera». Riflettendo su come «fare memoria di quell’evento che ha cambiato bruscamente la storia del mondo», l’arcivescovo ha detto che «ricordare nella preghiera quel terribile attentato, che ha colpito il mondo intero e non solo il popolo americano, non è un’ossessione della memoria» bensì «vuol dire confidare in Dio, certi che non dimentica nessuno», immaginando «le vittime del terrorismo raccolte dalle mani del Padre e da Lui portate nel santuario del cielo mentre le mani dell’uomo le colpivano».

Commentando in particolare il salmo 11 e notando la forte attinenza tra i fatti recenti della storia e le parole del salmista, che si domanda cosa possa fare l’uomo giusto quando vengono scosse le fondamenta, Paglia ha invitato a trovare nello stesso testo biblico «la risposta, facendola nostra: “Nel Signore mi sono rifugiato”». Proprio la preghiera «è un rifugio per noi questa sera e un impegno a una solidarietà che contrasti la violenza del male», perché «il senso di smarrimento di quell’attentato è sempre nella nostra mente e in questi due decenni abbiamo visto ripetersi analoghi attacchi terroristici in diverse parti del mondo, interessato da una spirale di estremismo divenuto ancora più complesso e pericoloso». Se dunque «quell’attentato ha segnato in maniera drammatica il nuovo secolo, che non poteva iniziare in modo peggiore, facendoci scoprire tutti vulnerabili», ancora oggi «ciò che sta accadendo in Afghanistan o in Mozambico deve spingerci a un sempre maggiore impegno per la pace: oggi più di ieri c’è bisogno di fedeli che si radunino in preghiera come quella di questa sera, che ci raccoglie in un’unica grande compassione per ogni vittima del terrorismo».

Alla celebrazione ha partecipato anche Patrick Connel, rappresentante dell’ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede, con alcuni esponenti del corpo diplomatico. «Come americano – ha detto nel suo intervento ringraziando la Comunità di Sant’Egidio per il lavoro di promozione della pace nel mondo – è commovente sapere che per vent’anni, ogni anno, avete pregato in questa data, che rimane un giorno da ricordare non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo», specie perché «le quasi 3mila vittime degli attacchi alle Torri gemelle, tra le quali c’erano anche 10 italiani, provenivano da 90 Paesi». Connel, ricordando le parole pronunciate da Papa Francesco in occasione della sua prima visita a Grund zero nel 2015, ha detto che «quegli atti di violenza hanno il nome e il volto di ciascuna vittima e anche dei loro familiari», così come «degli eroi e dei patrioti, cioè di tutta quella gente che è corsa ad aiutare, pur mettendosi in pericolo». Da qui l’invito affinché «il ricordo di morte e distruzione possa diventare un inno alla bontà che supera il male e alla riconciliazione che vince l’odio e la divisione», perché «questa è la sfida dell’11 settembre: scegliere il trionfo dell’amore».

13 settembre 2021