La Sea Watch arrivata a Catania

I 15 minorenni a bordo verranno portati in una comunità del territorio; i maggiorenni saranno trasferiti nell’hotspot di Messina, fino alla redistribuzione. La veglia nella cattedrale di Siracusa

È riuscita a partire dalla rada dove era all’ancora da ormai 5 giorni alle 5.30 di questa mattina, 31 gennaio, la Sea Watch 3, arrivata nel porto di Catania questa mattina, 31 gennaio, alle 9, con i suoi 47 migranti, soccorsi nel Mediterraneo il 19 gennaio scorso. A tenerla ferma ancora una notte, un guasto riscontrato dopo aver ricevuto l’indicazione del porto, nel pomeriggio di ieri. È partita con la scorta di due motovedette della Finanza, dopo che per tutto il giorno la Prefettura di Siracusa aveva organizzato lo sbarco previsto nel porto-rifugio, per poi trasferire i migranti in bus.

Una scelta, quella dello sbarco a Catania, che sposta la competenza giuridica sulla nave. «Dobbiamo andare a Catania – scrivevano ieri su Twitter dalla ong -. Ciò significa che dobbiamo allontanarci da un porto sicuro, verso un porto dove c’è un procuratore noto per la sua agenda sulle ong che salvano in mare. Se questa non è una mossa politica non sappiamo cosa sia. Speriamo per il meglio ma ci aspettiamo il peggio». Lo stesso ministro dell’Interno Salvini ha ribadito di augurarsi che «ad attendere a Catania la nave ci sia un procuratore che voglia indagare sul comportamento di questa ong». Possibile un intervento della polizia giudiziaria a bordo, dopo lo sbarco, così come il sequestro della nave, già disposto in passato dal procuratore Carmelo Zuccaro per le navi Aquarius e Open Arms. Ora i 15 minorenni a bordo – per i quali sarà nominato un tutore legale – verranno portati in una comunità nel territorio di Catania. I maggiorenni saranno trasferiti nell’hotspot di Messina, dove rimarranno in attesa di essere redistribuiti nei Paesi europei che si sono detti disponibili all’accoglienza. 

Nella serata di ieri intanto, raccogliendo l’invito dell’arcivescovo Salvatore Pappalardo, movimenti ecclesiali e civili, fedeli e semplici cittadini si sono ritrovati nella cattedrale di Siracusa, per una veglia di preghiera sul tema “Ero forestiero e mi avete ospitato”. «L’altro, il diverso, fa paura. Eppure siamo tutti imbarcati. Tutti sulla stessa barca. E basta che ci sia solo uno che faccia naufragio perché nessuno di noi possa gioire di trovarsi sulla terra ferma – ha detto don Luca Saraceno, parroco e docente di Filosofia allo Studio teologico San Paolo di Catania, guidando la riflessione -. Se uno solo fa naufragio, alla deriva siamo tutti noi».

Il forestiero «sono io, sei tu, siamo noi, che continuamente veniamo ospitati. Stranieri a noi stessi, esistenzialmente – ha proseguito il sacerdote -. Non abbiamo radici, ma gambe e non stiamo mai fermi, continuando a muoverci oggi come turisti, domani come pellegrini, sempre da “stranieri” e “ospiti” dentro a questa grande carovana caotica che è il mistero della vita. Ed è proprio quando dimentichiamo che c’è un forestiero che abita e convive dentro di noi – ha proseguito – che facciamo fatica ad accogliere il forestiero, l’altro, il diverso che ci raggiunge, si presenta a noi innanzi e svuota il suo sacco pieno di bisogni e di domande. Ne ho paura, lo rifiuto perché mi ricorda la mia precarietà, finitezza, instabilità, fugacità. Inorridisco davanti a un altro me perché è privo di ciò che credo mi dia sicurezza».

Da ultimo, don Saraceno ha messo in guardia dal rischio di «non riuscire più ad “accogliere” volti mentre ci stiamo specializzando nell’arte di “raccogliere” corpi. Perché non ci rendiamo conto che siamo anche noi a generare un esodo quando, nel momento stesso in cui diciamo “Prima io, prima noi”?, confiniamo l’altro nello spazio della marginalità?».

31 gennaio 2019