La scuola riparte, essere di nuovo comunità

Siamo saturi di dubbi, paure e incertezze, ma il vero esame di maturità è adesso. Per capire se siamo ancora in grado di stare insieme all’altro

Settembre 2020, riprendo in mano #quindiciventi, questa nostra piccola rubrica arrivata al quarto anno vita. Prima di iniziare a scrivere, leggo quanto avevo condiviso nei pezzi di apertura degli anni precedenti. Al fondo di tutti e tre gli articoli, ritrovo quella che era la voglia di ricominciare (perché l’anno dei nostri adolescenti è vero che inizia a settembre), quelli che erano i dubbi e le domande ma nella certezza che a partire dal primo giorno mi sarei trovato di nuovo dentro quella comunità grande che è la scuola: per tornare a mischiarci, a sollecitarci, a camminare insieme.

 La scuola inizia tra pochi giorni, e per la prima volta, in modo del tutto inatteso, non sarà così. Ci prepariamo al primo giorno di scuola ormai da mesi, in un modo che non avremmo mai immaginato e le sensazioni non sono quelle dell’odore dei diari appena comprati che saturava l’aria di settembre: arriviamo noi saturi, dei dubbi, delle paure e delle incertezze sulle quali non mi sento di aggiungere una parola a tutte quelle che, legittimamente, abbiamo ascoltato, letto, pronunciato.

Dico «legittimamente», perché io capisco e accetto come sacrosante tutte le reazioni. Comprendo la rabbia di chi da tempo, da primavera, denunciava una situazione prevedibile. Capisco la paura di chi davvero non si sente pronto a un salto nel buio. Non giudico superficiale chi si è abbandonato a una sorta di fatalismo per cui alla fine si dovrà andare avanti. Colgo la ragionevolezza di chi afferma che comunque occorre ripartire. Mi sento vicino a chi, in tutto questo, cova una felicità quasi da nascondere all’idea di tornare a guardarsi in faccia, a rincontrare i volti.

Accetto infine anche il giudizio di chi potrebbe tacciare questo cercare di tenere insieme tutte le reazioni come incapacità di prendere posizione. L’accetto ma non lo condivido, perché mi pare che se in ogni trauma, tanto più se collettivo, sia inevitabile una prima rielaborazione che spesso porta alla divisione, alla polarizzazione, al giudizio, prima o poi debba arrivare il momento della ricostituzione del senso della comunità.

Da questo punto di vista, quello che succederà la prossima settimana non sarà semplicemente il tentare di rimettere in piedi la scuola ma molto di più: sarà il provare di nuovo a essere comunità. Se questa estate abbiamo assistito alla rimozione ignorante di chi ha continuato a prescindere dall’altro, se di contro sembra emergere una idea di parcellizzazione delle esistenze, produttiva e funzionale ma che ci proietta come monadi verso asettiche solitudini, a scuola, dalla prossima settimana saremo chiamati tutti al primo, vero e consapevole esercizio di comunità dopo il febbraio 2020.

Ecco perché la scuola, quest’anno l’esame di maturità lo farà a tutti, ma a settembre. Per capire se siamo ancora capaci di rispetto, se siamo ancora in grado di stare insieme all’altro, se percepiamo ancora il senso del bene comune, se sapremo vedere l’altro, noi stessi, come parte di una comunità che dovrà, non potrà che essere tale.

10 settembre 2020