La sanità, tra corruzione e sotenibilità

Alla Cattolica Raffaele Cantone, presidente Anac, parla del contrasto alla corruzione nel sistema sanitario italiano, ancora ostaggio della politica. E sulla legge in atto ammette: «Oottima, ma non viene messa in pratica»

Prevenzione, repressione, cambiamento culturale. Eliminare la corruzione dalla sanità pubblica italiana può partire da queste premesse. Almeno secondo Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anti corruzione (Anac), intervenuto ieri, martedì 4 novembre, all’Università Cattolica del Sacro Cuore al convegno “Corruption in sanità e sostenibilità del sistema” organizzato da Altems, l’alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari. L’analisi parte da un dato: in Italia, 1,2 miliardi di euro finiscono nella corruzione sanitaria, almeno secondo un’indagine elaborata dalla Guardia di Finanza e dalla Corte dei conti. In sostanza, circa il 5% del budget destinato alla sanità. «La corruzione è il sistema attraverso il quale s’impedisce la concorrenza, non si stimola l’impresa a migliorare, non esiste la qualità, perché – afferma Cantone – non se ne ha bisogno quando si conoscono i meccanismi per poter vincere un appalto. La corruzione allontana gli investimenti nazionali ed esteri e quindi lo sviluppo. Rimane tutto uguale, come nelle logiche della mafia».

Secondo Cantone «a caratterizzare il sistema sanitario italiano è il forte peso della politica: certo – dice – rispetto al passato sono stati fatti dei passi in avanti, ma si chiede ancora ai primari se hanno la tessera del partito. E questa è una caratteristica tutta italiana. La sanità poi, è ambito in cui la corruzione è più presente e anche più percepita, perché racchiude molte voci di spesa, molto denaro pubblico, molti appalti, insomma prolifera su un terreno fertile».

Fermarla si può, basta mettere in pratica la legge 190 del 6 novembre del 2012, voluta dal governo Monti e dall’allora ministro della Giustizia Paola Severino. «È un’ottima legge – afferma il presidente Anac – ma non è stata capita e viene attuata male. Il decreto vuole responsabilizzare la pubblica amministrazione, iniziando a lavorare dall’interno». Ma sono le stesse istituzioni a non aver colto l’importanza di questa legge: «Per far capire di cosa parlo – continua Cantone – mi piace fare spesso un esempio: c’è stato un comune in Italia, medio grande e non del sud, che ha copiato il piano anti corruzione del comune vicino, riportando però anche il nome del responsabile. E poi, diciamolo: chi è scelto di solito come responsabile anticorruzione? Il più “sfigato” dei dirigenti».

Per Cantone «non si può perdere di vista l’aspetto della trasparenza. È il vero antidoto alla corruzione, ma che sia vera: è inutile inserire nei siti migliaia di informazioni incomprensibili ai più. Meglio mettere cifre chiare relative alle spese». La battaglia si può vincere con la prevenzione fatta dalle pubbliche amministrazioni dall’interno, attraverso una rete di collaborazione e trasparenza, con una giustizia certa e con un cambio di prospettiva culturale. «In Italia – conclude il magistrato – vediamo corrotti e corruttori come dei simpatici personaggi che facilmente superano gli ostacoli burocratici, invece di vederli come delinquenti. È possibile vincere la battaglia con la prevenzione, con la collaborazione, se si smette di pensare che la trasparenza è una noia, se iniziamo a vedere corrotti e corruttori come delinquenti. Se non facciamo queste cose, la corruzione ce la terremo e sarà una delle cause del nostro declino».

Nel corso dell’incontro, è stato presentato l’accordo stipulato tra la Cattolica e la Guardia di Finanza che prevede la formazione di ufficiali e sottoufficiali delle Fiamme gialle sui temi del management sanitario, con particolare riferimento agli strumenti di controllo della spesa.

5 novembre 2014