La Samaritana, grembo che rigenera la vita
Il dialogo raccontato nel Vangelo di Giovanni, tipico di coloro che intrecciano le parole nella trama dell’amore, al termine del quale avviene una sorta di doppia rivelazione
L’arte narrativa dell’evangelista Giovanni è superba nel creare quadri di incontro, di dialogo, di ricerca condivisa. Quello della Samaritana è certo tra i più noti e più belli. Si tratta di un dialogo fitto e coraggioso, un vero braccio di ferro alla fine del quale avviene una sorta di rivelazione: del Figlio di Dio che si fa supplice dell’abbraccio umano e della Donna che di quell’umano traduce l’intimo anelito, il desiderio radicale di abbattere i muri della solitudine e sedare la sete d’amore.
Il convegno di Gesù con la Samaritana avviene al pozzo di Sicar, tappa di un lungo e faticoso viaggio intrapreso dal Maestro e i suoi discepoli verso la Galilea dov’egli si recava per ritrovare un po’ di sorriso e di pace. Probabilmente prossima o addirittura omonima dell’antica città di Sichem, Sicar fa risuonare in ogni orecchio ebreo l’Alleanza di Dio con Israele, ma anche la divisione di quel popolo in due regioni e due Regni che presto erano diventati tra loro nemici, sancita sempre a Sichem (cf. 1Re 12).
Da quella triste data tra gli antichi fratelli s’era sedimentata una ruggine odiosa per cui i Giudei tenevano i Samaritani come stranieri e peccatori, addirittura come “cani”. Tenendo conto del peso che potesse avere, dunque, per un Giudeo far tappa in una città come Sichem, Gesù dovette consapevolmente volerlo. Quanto conferirà a tutto il racconto, che vede al centro la donna, un valore fortemente simbolico di riconciliazione e di rinnovata fraternità tra i figli di Abramo.
L’ora era la più calda, quella nel mezzo del giorno, Gesù era molto stanco per il viaggio – che faceva a piedi – e forse aveva chiuso gli occhi quando i suoi discepoli andarono a far provviste in città lasciandolo solo. Chi poteva arrivare a quell’ora? Ma all’improvviso si sente un fruscìo di passi che si avvicinano e costringono l’itinerante ad alzare le palpebre… È una donna! Grande dovette essere l’imbarazzo. Se fossero stati con lui i compagni, se fossero state due le donne, sarebbe stato diverso. Ma qui c’è un uomo solo davanti a una donna sola: tra loro un’immensa distanza. Che, a quei tempi, non era solo sessuale ma anche culturale e sociale e – tra un Giudeo e una Samaritana – anche politica e religiosa. E questa donna, sbucata dalla luce meridiana, aveva anche tutti i caratteri dell’impurità: era donna, samaritana e anche irregolare rispetto alla legge matrimoniale.
Con un inatteso imperativo Gesù rompe la muta tensione che è nell’aria: «Dammi da bere!», dice alla donna. Inizia così una serie di sei botta e risposta tra lui e lei. Un dialogo che si svolge a un ritmo serrato e che avviene su molti livelli o piani di comunicazione. Chi comincia è, appunto, Gesù, azzerando con due parole quell’immensa distanza. Chissà con quale tono avrà proferito quell’imperativo. Avrà usato un tono perentorio, dando per scontato che il mestiere di attingere l’acqua ai pozzi fosse dovuto alle donne e agli schiavi? O, invece, avrà utilizzato un tono sfumato di supplica? Avrà implorato la donna perché gli desse da bere? La risposta della donna spinge ad optare per questa seconda soluzione. Non si sente, infatti, offesa da un comando maschilista, piuttosto è incuriosita dinanzi alla mitezza della strana richiesta. «Come mai tu, Giudeo, che ti consideri superiore a me samaritana e che non ammetti contatti con una persona impura come sono io, ti abbassi a chiedermi l’acqua?».
Perché Gesù ha violato tante leggi chiedendo da bere proprio a lei? Perché aveva sete! Gesù rischia con la Samaritana ed esprime tutto il bisogno che c’è in un uomo verso una donna. La donna è acqua, brocca, talamo di riposo e di ristoro, grembo che rigenera la vita, pozzo di carezze e d’amore. Di ciò ha bisogno Gesù, Dio che si è fatto carne. E quando Lui le porgerà la Sua acqua capace di trasformare in una sorgente di vita eterna, sarà lei a supplicarlo: «Dammi di quest’acqua»!
Un dialogo incessante, tipico di coloro che intrecciano le parole nella trama dell’amore dove alla domanda “Ho sete di te” si risponde dicendo: “Ho sete di te”. Ed ecco il “battesimo” della fede cristiana: la sete del figlio dell’Uomo, che corrisponde alla sete della Donna unendosi in un grido che squarcia i muri dei pozzi chiusi, avvelenati e impotenti e inonda la terra e il tempo di zampillanti, pure, feconde Sorgenti.
8 febbraio 2024