La ripresa delle celebrazioni nella parrocchia di Villa Gordiani

Il parroco don Saju Perumayan Varghese: «Emozionato come fosse la mia prima celebrazione». Questo «è un tempo di rinascita, di rinnovamento dell’amore»

Dopo 71 giorni, torna a popolarsi di fedeli anche la chiesa di Santa Maria Madre della Misericordia a Villa Gordiani. Muniti di mascherine, seduti uno per banco e in modo alternato, rispettando rigorosamente tutte le norme imposte per prevenire il contagio da coronavirus, la comunità dopo oltre due mesi si è riunita ieri sera, 18 marzo, per la Messa vespertina delle 18.30, quella che solitamente richiama più fedeli. «Sono emozionato come fosse la mia prima celebrazione» dice don Saju Perumayan Varghese alla guida della parrocchia da settembre, al suo primo incarico da parroco. Felice di poter riabbracciare i “suoi” parrocchiani, anche se solo con lo sguardo, spiega che ha tanti motivi per festeggiare. Le celebrazioni con il popolo sono riprese proprio nel giorno in cui si ricorda il centesimo anniversario della nascita di san Giovanni Paolo II (18 maggio 1920), pontefice al quale don Saju è particolarmente legato. Il sacerdote, infatti, faceva parte dell’ultimo gruppo di presbiteri ordinati dal Papa polacco il 2 maggio 2004 nella basilica di San Pietro. «È una coincidenza straordinaria che mi commuove particolarmente», rimarca all’inizio della liturgia accogliendo i fedeli con un caloroso «bentornati, è una gioia rivedervi».

Durante la quarantena il sacerdote non ha mai perso il contatto con la comunità. «Ci siamo presi cura l’uno dell’altro – racconta -. È stato un continuo di telefonate e messaggi per assicurarci che stessimo bene e per venirci incontro nelle varie necessità. È stato anche un modo per scoprire questa comunità in cui sono arrivato da pochi mesi. Per i fedeli questo stop è stata una sofferenza enorme e anche per me è stato un momento triste. Restare da soli e celebrare senza il popolo non è stato semplice ma abbiamo compiuto la volontà di Dio». Il sacerdote, 50 anni, di nazionalità indiana, si è detto convinto che la quarantena porterà importanti frutti spirituali. «Ci riscopriremo forti come le prime comunità cristiane – afferma -, con una nuova “fame” della Parola e dell’Eucaristia. Questo è un tempo di rinascita, di rinnovamento dell’amore reciproco, della fratellanza e della carità». Durante l’omelia, riepilogando le norme igienico-sanitarie da rispettare, invita alla pazienza e all’osservanza delle regole perché «anche questa è una forma di carità cristiana».

La sera, alle 19.15, come già accaduto in quarantena, molti parrocchiani si collegano attraverso la piattaforma “Zoom” per recitare il Rosario. «Nel mese di maggio è tradizione recitare il Rosario in piazza – prosegue -. Quest’anno la pandemia non ce lo permette quindi abbiamo pensato di continuare a “riunirci” per la preghiera mariana anche se virtualmente». Sul fronte della carità poi il lavoro non è mai mancato. È rimasta sempre attiva la casa di accoglienza “San Giovanni Calabria”, attigua alla chiesa, che offre ogni sera un pasto caldo e un posto letto a 16 senza fissa dimora. «In queste ultime settimane abbiamo distribuito pacchi viveri a 30 famiglie – conclude don Saju -. Sono raddoppiate rispetto al periodo precedente all’emergenza sanitaria. Aiutiamo anche i residenti del confinante campo nomadi di via dei Gordiani».

19 maggio 2020