La “profezia” di don Sturzo, tra giustizia e libertà

A 100 anni dall’Appello ai liberi e forti, con cui nacque il Partito popolare, il confronto sull’eredità per la politica di oggi, organizzato dai vescovi del Lazio

L’Appello di don Luigi Sturzo ai «liberi e forti» è un monito ancora attuale affinché la politica sia partecipata da tutti, con spirito civile e impegno morale e la sua intuizione «indica la via affinché la rappresentanza politica sia un vero e proficuo dialogo tra cittadini e Stato». Con queste parole il cardinale vicario Angelo De Donatis è intervenuto al convegno “Essere liberi e forti oggi. Quale politica a cento anni dall’appello di don Luigi Sturzo?”, tenutosi sabato 2 marzo nella Sala Convegni della Cappella della Stazione Termini e organizzato dalla Conferenza episcopale del Lazio. De Donatis si è soffermato sulla dimensione morale della politica, «un tema centrale nell’opera di don Sturzo, come poi disse anche Paolo VI nel suo pontificato». Riprendendo le parole del sacerdote siciliano, ha ricordato come proprio il Partito Popolare si è presentato nel contesto pubblico del Paese «con una bandiera morale e sociale, ispirandosi ai saldi principi del cristianesimo». Parole che, secondo il porporato, «rimangono ancora valide e possono aiutare tutto l’ambiente politico italiano». Un contesto che lo stesso cardinale ha definito «come un cantiere», dove «vanno aperti processi di comunicazione e dialogo». In particolare si dovrebbero «recuperare quelle relazioni sincere tra partiti e popolo, così da tornare a essere davvero popolari».

Il vicario del Papa ha sottolineato più volte l’aspetto comunicativo e la necessità, per chi governo o amministra, di «avvicinarsi ai cittadini, altrimenti la politica diventa autoreferenziale e distruttiva». Anche monsignor Vincenzo Apicella, vescovo di Velletri-Segni e delegato per la Pastorale sociale e del lavoro del Lazio, ha sottolineato come don Sturzo sia stato «per certi versi un profeta e quello che ha testimoniato è rimasto intatto nel corso dei decenni». Secondo Apicella «la scommessa di Sturzo, che è anche quella del cristianesimo, è stata quella di teorizzare in politica il parallelismo tra giustizia e libertà». Il presule ha poi ricordato come don Sturzo già a inizio ‘900 denunciò le tre “bestie” della politica, presenti tuttora: «Statalismo, partitocrazia e uso improprio del denaro pubblico».

Era il 18 gennaio 1919 quando il sacerdote siciliano rendeva noto, dall’albergo Santa Chiara di Roma, il manifesto redatto dalla commissione provvisoria del Partito Popolare. “L’appello ai liberi e forti” rappresentò una pietra miliare nella storia della politica italiana e in particolare del mondo cattolico. Fino a quel momento infatti, per via del “non expedit” di Pio IX del 1874, ai cattolici italiani era vietata qualsiasi forma di partecipazione alla vita pubblica. L’intuizione di Sturzo portò alla creazione di quei caratteri fondamentali che saranno alla base del cosiddetto “popolarismo”, fortemente ispirato dai principi della dottrina sociale della Chiesa. «Ha fondato il Partito popolare italiano – ha spiegato Giuseppe Sangiorgi, già segretario generale dell’Istituto Sturzo – sull’onda di quanto avvenuto in Italia dopo la grande guerra, prendendo a esempio i grandi partiti italiani di allora, che già nei primi anni del ‘900 iniziavano a organizzarsi su base territoriale e nazionale».

Anche per padre Francesco Occhetta, scrittore de La Civiltà Cattolica, «il seme coltivato da don Sturzo va contestualizzato in una società, quella di allora, profondamente segnata dal conflitto appena finito. Oggi il contesto è profondamente diverso – ha continuato – ma le priorità per la politica sono ancora quelle intuite da don Sturzo, ovvero la necessità di formare le nuove generazioni e, soprattutto, di instaurare una nuova e più sincera comunicazione tra istituzioni e elettori». Il tema della coesione e della fratellanza tra le classi sociali è stato anche al centro delle parole di Maria Romana De Gasperi, figlia di Alcide, che ha inviato la sua testimonianza al convegno. Nel 1925 suo padre successe a don Luigi Sturzo alla segretaria del Partito Popolare e fu proprio il politico trentino, futuro leader della Democrazia cristiana, a «ribadire i valori cristiani della politica». La collaborazione tra Sturzo e De Gasperi fu cruciale per la politica italiana, soprattutto nel secondo dopoguerra, quando intuirono che «non poteva esserci una vera democrazia senza coesione sociale, fraternità e carità cristiana», ha spiegato la figlia di De Gasperi nella sua lettera; il tutto unito a un sano «realismo» e all’«efficacia delle soluzioni politiche». In questa «concezione cristiana dell’agire etico-politico» nacque anche un «senso profondo di europeismo».

4 marzo 2019