La presenza paterna di Francesco
I gesti e le parole del pontefice a Roma in questo 2020 segnato dalla pandemia, dall'adorazione a piazza San Pietro in marzo all'omaggio all'Immacolata da solo all'alba
In quest’anno segnato dalla pandemia il Papa non ha mai mancato di far sentire la sua voce e la sua vicinanza a quanti soffrono in tutto il mondo a causa del virus e a quanti si impegnano per contrastarne la diffusione e alleviare il dolore e le difficoltà degli altri. Ma Francesco non ha mai dimenticato neppure il suo ruolo di vescovo di Roma e ci sono stati alcuni momenti in cui il legame con la sua diocesi è apparso più evidente e profondo. Il primo è stato senza dubbio il 15 marzo. In Italia il lockdown duro era iniziato da meno di una settimana quando il Papa decise di compiere un primo gesto di forte impatto, recandosi a pregare in due luoghi particolarmente cari ai romani. Prima a Santa Maria Maggiore, per chiedere l’intercessione della Madonna, davanti all’icona Salus Populi Romani. Da lì il Papa si spostò a San Marcello al Corso, davanti al Crocifisso miracoloso che nel 1522 fu portato in processione per le strade della città colpita dalla Grande Peste, per 16 giorni consecutivi, al termine dei quali l’epidemia cessò.
Sono rimaste negli occhi e nel cuore di tutti le immagini del pontefice a piedi, come un semplice pellegrino, in via del Corso per raggiungere la chiesa dove si fermò in orazione, «presenza paterna e anche di speranza», come raccontò il rettore di San Marcello, padre Enrico Maria Casini. Le stesse icone furono portate in piazza San Pietro pochi giorni più tardi, il 27 marzo, a “presiedere” la speciale veglia del Santo Padre. Un’adorazione al Santissimo Sacramento celebrata in una piazza vuota eppure piena delle preghiere e dei cuori dei cattolici di tutto il mondo. Un silenzio quasi irreale che ha amplificato le parole del successore di Pietro: «Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca … ci siamo tutti».
Mai come quella sera Roma è stata unita al mondo e il mondo a Roma, mai come in quella sera la benedizione Urbi et Orbi è stata simbolo di speranza e di unità. La pandemia ci ha costretto a rinunciare per molte settimane alla partecipazione fisica alla Messa e alla comunione. E ha inciso anche sui riti della Settimana Santa, al punto che, tra l’altro, il Papa non ha potuto celebrare quest’anno la Messa crismale con i sacerdoti romani. Lo ricordava lo stesso Francesco nella lettera indirizzata al clero diocesano in occasione della Pentecoste, il 31 maggio. Il Papa ricordava il dolore, lo smarrimento e la fragilità di fronte alla pandemia ma invitava la comunità presbiterale «ad annunciare e profetizzare il futuro, come la sentinella che annuncia l’aurora che porta un nuovo giorno: o sarà qualcosa di nuovo, o sarà di più, molto di più e peggio del solito».
Il 9 giugno il Papa scrive al cardinale vicario Angelo De Donatis per annunciare l’istituzione del Fondo Gesù Divino Lavoratore «per richiamare la dignità del lavoro», con uno stanziamento iniziale di un milione di euro destinato alla Caritas romana per sostenere quanti «rischiano di rimanere esclusi dalle tutele istituzionali e che hanno bisogno di un sostegno che li accompagni, finché potranno camminare di nuovo autonomamente», in particolare la «grande schiera» dei lavoratori giornalieri e occasionali, di quelli con contratti a termine non rinnovati, pagati a ore, stagisti, lavoratori domestici, piccoli imprenditori, autonomi. «Molti – scriveva il Papa – sono padri e madri di famiglia che faticosamente lottano per poter apparecchiare la tavola per i figli e garantire ad essi il minimo necessario».
Un’attenzione ai più fragili ribadita in occasione dell’udienza ai soci del Circolo di San Pietro, il 25 settembre: «Ai bisogni delle persone che abitualmente servite si è aggiunta la necessità di rispondere alle urgenze di tante famiglie, che si sono trovate dall’oggi al domani in ristrettezze economiche». Infine, l’ennesimo omaggio a Maria, quello dell’8 dicembre a piazza di Spagna, prima di tornare ancora una volta a Santa Maria Maggiore. Per la festa dell’Immacolata il Santo Padre non ha voluto il consueto appuntamento pomeridiano, per evitare pericolosi assembramenti, ma non ha rinunciato a recarsi ai piedi della statua all’alba, sotto la pioggia, per portarle i fiori e pregare per Roma e per il mondo intero, per affidare alle mani della Vergine la richiesta della fine di questa prova dalla quale si potrà uscire solo tutti insieme.
30 dicembre 2020