La premier Meloni in Albania per visitare gli hotspot per migranti

Dichiarazioni congiunte con il primo ministro albanese Rama. Il complesso dei due centri operativo dal 1° agosto. Sos Mediterranée: «Spreco di risorse e violazione diritti umani»

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sono atterrati a Tirana per una visita lampo in Albania. Più precisamente, a Gjader, nell’area dove, in base al protocollo siglato fra Italia e Albania sulla gestione dei migranti, sorgerà la struttura per il trattenimento per le procedure di verifica dei requisiti di permanenza in Italia e di rimpatrio. Accolta dal primo ministro albanese Edi Rama, la premier ha effettuato un veloce sopralluogo e poi i due hanno visitato l’hotspot, già ultimato, al porto di Shengjin, a circa 70 chilometri da Tirana, destinato alle procedure di ingresso dei migranti.

«Italia e Albania sono storicamente nazioni amiche, che sono abituate a collaborare insieme e io voglio ringraziare ancora una volta il primo ministro Rama e il popolo albanese per aver offerto il loro aiuto e aver stretto con noi un accordo di grande respiro europeo», ha detto la premier al termine della visita, durante le dichiarazioni congiunte rilasciate insieme al suo omologo albanese. Il complesso dei due centri, ha anticipato Meloni, «sarà operativo dal 1° agosto 2024. L’accordo – ha aggiunto – potrebbe essere replicabile in molti Paesi, potrebbe diventare una parte della soluzione strutturale dell’Unione europea. Lo capiamo noi e lo capiscono i sostenitori dell’immigrazione incontrollata che lo contestano. Abbiamo molti occhi puntati addosso, vogliamo riuscire. Un obiettivo del genere val bene due mesi di ritardo, legati alla natura dei terreni di Gjader che non avevamo previsto e hanno richiesto interventi di rafforzamento».

A proposito dei costi, la presidente del Consiglio ha parlato non di risorse aggiuntive ma di «investimento». Il protocollo, ha detto, prevede spese da «670 milioni di euro per 5 anni, 134 milioni all’anno, che corrispondono al 7,5% delle spese connesse all’accoglienza dei migranti sul territorio nazionale: queste risorse non sono da considerare un costo aggiuntivo. I migranti condotti qui in Albania avrebbero dovunque essere condotti in Italia, dove costano. L’elemento di maggiore utilità di questo progetto – ha sottolineato – è che può rappresentare uno straordinario strumento di deterrenza a chi vuole raggiungere irregolarmente l’Europa, e di contrasto ai trafficanti. E questo vuol dire portare a un contenimento dei costi».

Le due strutture in Albania «devono lavorare insieme», ha aggiunto ancora Meloni, ribadendo che saranno pronte dal mese di agosto. In quella di Gjader, in particolare, «partiamo da più di mille posti, che arriveranno ai 3mila previsti dal protocollo».

A esprimere «ferma contrarietà» a questo tipo di accordi che «violano non soltanto il diritto internazionale relativo al soccorso in mare, ma anche i diritti individuali delle persone soccorse» è Valeria Taurino, direttrice generale di Sos Mediterranée Italia. Taurino stigmatizza l’accordo che «prevede la deportazione di alcuni dei naufraghi soccorsi in acque internazionali verso centri di detenzione in un Paese extra-Ue», ribadendo la posizione dell’ong. Sos Mediterranée Italia aveva infatti aderito all’appello siglato da moltissime organizzazioni del Terzo settore, con il quale si chiede la revoca degli accordi con il Paese balcanico relativi al trattenimento illecito e illegale delle persone in movimento attraverso il Mediterraneo Centrale.

Nelle parole della direttrice generale, quella tra Italia e Albania è «un’iniziativa illegittima e un inutile spreco di risorse. Con le altre ong – ricorda – abbiamo sottoscritto un appello per denunciare che tutta l’operazione Albania è irrispettosa del diritto internazionale e dei diritti umani fondamentali. In base a quale legge internazionale queste persone verranno portate in Albania? Il diritto internazionale è chiaro: le persone soccorse devono essere immediatamente sbarcate nel porto sicuro ragionevolmente più vicino».

Accordi come quello siglato con il governo Rama dunque «complicano inutilmente il soccorso, già reso problematico dalla scarsità dei mezzi in mare. Tutte queste risorse potrebbero essere molto più efficacemente dirette al vero soccorso, quello che gli Stati europei hanno abbandonato dal 2017. Da anni, infatti, chiediamo il ripristino una missione di soccorso guidata dagli Stati europei nel Mediterraneo centrale, che invece è volutamente sguarnito, la revoca degli accordi con Stati terzi che violano i diritti umani delle persone e la fine della criminalizzazione dei soccorritori», conclude Taurino.

5 giugno 2024