La preghiera e la rabbia: l’esempio di Giobbe

L’«eccesso di male» e la protesta, come quella di Gesù contro i mercanti del Tempio: esodo d’amore, perché nessuno tolga al cuore di Dio lo spazio per il suo abbraccio a coloro che ama

«Esiste una sorta di diritto della vittima alla protesta, nei confronti del mistero del male, diritto che Dio concede a chiunque, anzi, che è Lui stesso, in fondo, a ispirare»: così si è espresso mercoledì scorso, 18 maggio, durante l’udienza generale, Papa Francesco, meditando sui diversi atteggiamenti che si possono assumere dinanzi all’«eccesso di male» che, talvolta, si riversa sulle nostre vite. Portando l’esempio del Giobbe biblico, il Papa ha invitato a fare come lui che, dinanzi al silenzio di Dio sulle sue terribili sofferenze, invece di reagire con un moralismo ipocrita – come lo invitavano a fare i suoi tre pii amici – sfogava nella preghiera tutta la sua rabbia. «Nell’affrontare i cumuli di pesi che ci schiacciano – ha continuato Francesco -, come con la pandemia e poi con la guerra in Ucraina, ci aiuta la testimonianza di vecchi come Giobbe, che prima grida la sua protesta contro il mistero del male ma poi è sicuro che il Signore, nella sua tenerezza, gli renderà giustizia. E così converte il risentimento per la perdita nella tenacia per l’attesa della promessa di Dio».

Una protesta, dunque, che si rivela, nel tempo, ben più efficace di una passiva e superficiale accettazione del peso schiacciante del male. Anche Gesù si arrabbia dinanzi a dei pesi che cadono sulle spalle dei piccoli, di coloro che credono in Dio. Una delle volte che lo fa con più vigore è quando si trova ad affrontare i mercanti del Tempio. Racconta, infatti, il Vangelo secondo Giovanni: «Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora
fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: “Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!” I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: “Lo zelo per la tua casa mi divorerà” » (Gv 2, 13-17).

Questa scena della vita di Gesù suscita spesso meraviglia e persino sgomento poiché siamo abituati a pensare al Figlio di Dio come a una persona non esposta a sentimenti e gesti carichi di tensione e di passione. Ma Gesù è tutto il contrario e la vitalità di un amore assoluto per la Casa di suo Padre e per coloro che vi si recano a chiedere la Sua misericordia e la Sua bontà, scatena in Lui una protesta come quella che viene qui descritta. Non solo la disgrazia, dunque, la pandemia o le altre sofferenze che schiacciano la vita del corpo sono “mali” che meritano una reazione di protesta, ma anche la corruzione morale e spirituale, la vergogna di chi trasforma la casa di Dio in un’occasione di commercio e di ipocrisia. Questi comportamenti, infatti, erigono un muro sulla via di coloro che cercano nel tempio il Volto della grazia, della libertà, della speranza. Dinanzi a chi schiaccia la fede della gente, la rabbia di Gesù è un esodo d’amore forte, geloso, puro, deciso, perché nessuno tolga al cuore di Dio lo spazio per il suo abbraccio a coloro che Egli ama.

23 maggio 2022