La pena di morte, «fallimento dello Stato di diritto»

Il presidente dell’Europarlamento David Sassoli al webinar internazionale promosso da Sant’Egidio nella Giornata mondiale “Cities for life”. 2.455 le città che hanno aderito nel mondo, tra cui 70 Capitali. Il flash mob dei Giovani per la Pace al Colosseo

La pena di morte «non è un deterrente contro i crimini bensì il fallimento dello Stato di diritto perché è irrevocabile e spesso è inflitta a persone innocenti. È una pratica inaccettabile che svaluta il valore della vita». In collegamento da Bruxelles il presidente del Parlamento europeo David Sassoli è intervenuto ieri sera, 30 novembre, al webinar internazionale “No justice without life” promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. Nel ventesimo anniversario della Giornata mondiale “Cities for Life – Città per la Vita, Città contro la pena di morte”, Sassoli ha rimarcato che «non si può restare indifferenti» davanti a una pratica che dal 1976 ha visto morire negli Stati Uniti 1.538 persone. «Non può esserci giustizia senza rispetto dei diritti umani – ha proseguito Sassoli -. È importante continuare a lottare per tutelare e valorizzare il diritto alla vita».

Quest’anno hanno aderito alla Giornata 2.455 città nel mondo, tra le quali 70 Capitali. Un momento di riflessione organizzato nell’anniversario della prima abolizione della pena di morte da parte di uno Stato europeo: era il 30 novembre 1786 e il granduca di Toscana Pietro Leopoldo entrava nella storia firmando il codice leopoldino che aboliva la sentenza capitale. Oggi “Cities for life” è «l’occasione per riflettere sui nostri valori comuni ed è un dovere morale, un impegno culturale irrinunciabile – ha detto ancora Sassoli -. L’istituzione Europea e in particolare il Parlamento Europeo sono sempre stati in prima linea contro la pena capitale perché tutelano la dignità della persona e credono nel riconoscimento giuridico del suo valore».

Mario Marazziti, coordinatore della campagna internazionale contro la pena di morte della Comunità di Sant’Egidio, tracciando un bilancio di questa «pandemia millenaria» ha affermato che «finalmente comincia ad esaudirsi» perché se nel 1976 gli stati del mondo che avevano abolito la pena di morte erano solo 16, oggi sono 144. Lo scorso anno solo 18 Paesi l’hanno applicata, nel 2019 erano stati 20. Ma i detenuti nel braccio della morte sono ancora troppi: 32.994. Da suor Helen Prejean, il cui impegno contro la pena di morte è stato portato sul grande schermo da Susan Sarandon nel film “Dead Man Walking”, l’appello al presidente Usa Joe Biden di sostenere «una piena moratoria per la pena di morte», chiesta «subito dopo che Trump ha ucciso 13 persone negli ultimi sei mesi del suo mandato presidenziale». Per la religiosa ogni vita va rispettata e la condanna a morte «è sempre inumana e inaccettabile» perché, in caso di errore giudiziario, «non si può ottenere giustizia se non si è più in vita».

In Indonesia durante la pandemia, dal marzo 2020 a luglio 2021 sono state condannate a morte 129 persone e sono state effettuate 18 esecuzioni, ha affermato il vescovo della diocesi di Padang Vitus Rubianto Solichin. «I servizi legali in pandemia non funzionavano correttamente – ha aggiunto -, i processi si svolgevano online e per questo andava evitata ogni sentenza di morte». Per il sacerdote è importante promuovere una giustizia riparativa perché «non è possibile avere solo quella retributiva».

Tra i reclusi nel braccio della morte, molti sono stati condannati in base a false testimonianze. Si calcola che 8 su 10 sono risultati innocenti dopo anni dietro le sbarre. Tra questi Antoinette Chahine, libanese, che oggi ha 50 anni. A soli 22 anni fu accusata ingiustamente di omicidio e in carcere ha «subito ogni tipo di tortura». Scagionata nel 1999, oggi si batte «contro gli errori giudiziari e per l’abolizione della pena capitale». Una «barbarie» che, per il premio Nobel per la Pace Tawakkol Karman, «è usata da alcuni regimi come vendetta e non come strumento per ottenere giustizia». Durante l’incontro l’attore Fabrizio Gifuni ha letto le missive di alcuni reclusi in risposta alle lettere recapitate loro grazie a un progetto di Sant’Egidio. I Giovani per la Pace sono stati protagonisti di un flash mob davanti al Colosseo, illuminato per l’occasione.

1° dicembre 2021