La nazionale vaticana di cricket va in Argentina

Porteranno 500 rosari e la mazza benedetta da Papa Francesco. Tutti gli atleti hanno un lavoro e l’impegno con lo studio: «Offriamo il tempo delle vacanze alla Chiesa per l’evangelizzazione»

Una squadra di cricket formata da sacerdoti e seminaristi provenienti da ogni angolo della terra. “The Vatican St. Peter’s Cricket Team” nasce nel 2014 per volere dell’ambasciatore australiano presso la Santa Sede, John McCarthy, che voleva sfidare gli anglicani di Canterbury. Le radici affondano nel 2003, quando padre Eamann O’Higgins, irlandese, vede dei seminaristi indiani giocare a cricket nel campo da calcio del Pontificio Collegio Internazionale Maria Mater Ecclesiae, dove la squadra ora si allena. Con la giacca gialla della squadra sul clergyman spiega di essere «uno dei manager. Con il tempo abbiamo ottenuto ciò che serviva per giocare. Il team è composto da seminaristi e sacerdoti che provengono da India, Sri Lanka, Canada, Australia, Inghilterra, Pakistan dove il cricket è come il calcio in Italia».

Il debutto è a settembre 2014 con il primo tour “Luce della Fede”, in Inghilterra. «Giocammo con i cappellani dell’esercito britannico- spiega padre O’Higgins -, con la squadra della Casa reale e degli Authors XI (Scrittori famosi). Vinse Canterbury. Ma a fine partita». Il tour partì con la benedizione papale. «Siamo andati in udienza da Papa Francesco che ha autografato il cricket bat, la mazza da cricket». Ogni anno un tour in Inghilterra e «uno in Portogallo per visitare e pregare a Fatima nel centenario delle apparizioni». Ogni anno arrivano fino a otto squadre dall’Inghilterra per giocare. E non solo. «Visita a San Pietro il venerdì, partita il sabato mattina. Vespri solenni e cena con sacerdoti e seminaristi». C’è qualcosa che va oltre la bellezza di Roma e dello sport «il contatto con i sacerdoti di fede cattolica». Padre Sameer Advani, canadese, anche lui manager della squadra, spiega: «Vogliamo trasmettere il messaggio cristiano tramite la squadra. Molti ci hanno detto che quello che ricordano è l’esperienza di Fede, non la partita».

Aggiunge padre Eamonn: «Abbiamo giocato con musulmani, ebrei, sikh». Prossima puntata «il 26 dicembre a Buenos Aires, nelle favelas. Un gruppo di loro è venuto per 4/5 giorni. Hanno visitato il Vaticano e Castel Gandolfo, incontrato il Papa e il cardinale Ravasi. Ci hanno invitato per Natale. Porteremo 500 rosari benedetti dal Papa nell’udienza del mercoledì e il bat che ha autografato. È il contatto che fa sentire vicini i sacerdoti. La semplicità, dare testimonianza e far sentire il nome di Dio». Padre Sameer ricorda un’esperienza particolare: «A luglio, in Inghilterra, abbiamo giocato con i detenuti in una prigione e lo stesso faremo a Buenos Aires. Dissero che era il giorno più felice da quando erano lì. Abbiamo celebrato la Messa, poi sono seguiti il pranzo e la partita. Per due giorni non ci furono conflitti tra i detenuti». Tutti gli atleti hanno un lavoro e l’impegno con lo studio. «Offriamo il tempo delle vacanze alla Chiesa per l’evangelizzazione», conclude il padre.

Arriva Jose Mathew, indiano. «Sono uno dei lanciatori. In India giocavo con gli amici. Abbiamo vinto 7 partite su 8 quest’anno. A Roma non abbiamo mai perso». I 22 giocatori provengono da diversi collegi romani. «Come ogni sport mi ha dato una disciplina, il rispetto delle regole, il senso della squadra. Siamo sacerdoti: il nostro compito è la testimonianza, anche giocando a cricket. Una vita integrata con studio e preghiera. Dobbiamo avere la responsabilità di recuperare le ore dedicate all’allenamento e conservare la perseveranza di allenarsi». Il libro dei Proverbi dice riguardo la Sapienza “[…]Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera. […] Giocavo davanti a Lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre”. All’inizio del mondo ci fu anche il gioco.

 

19 dicembre 2018