La musica di Haydn per raccontare “Le sette parole di Cristo in croce”

A San Giovanni in Laterano la meditazione guidata da don Fabio Rosini (Ufficio diocesano vocazioni), con un ensemble di archi di 44 elementi diretto da Renata Russo. «Niente di doloristico, perché quello di Gesù è un modo di morire glorioso

Quando la profondità della verità non può essere raggiunta dalle parole, è l’arte a colmare l’afasia. Ieri sera, 25 marzo, la meditazione su “Le sette parole di Cristo in croce” – guidata in una gremita basilica di San Giovanni in Laterano da don Fabio Rosini, direttore dell’Ufficio diocesano per le vocazioni, con le musiche di Franz Joseph Haydn eseguite da un ensemble di archi di 44 elementi diretto da Renata Russo, maestro collaboratore del Teatro dell’Opera di Roma – ha richiamato alla mente proprio la nota citazione di Victor Hugo secondo cui solo la musica sa esprimere ciò che sarebbe impossibile dire e che tuttavia non può si può tacere.

«Questa devozione legata alle ultime parole pronunciate da Cristo sulla croce – ha spiegato il sacerdote – si dipana nei secoli attraverso la diffusione del francescanesimo e lo stesso Haydn chiarisce come sia un percorso spirituale che nei 7 movimenti musicali accompagna il ritmo della preghiera», alla luce «della scansione dei fatti narrati dai sinottici e anche secondo la versione giovannea». Quelle proclamate dalla lettura dei brani dei Vangeli e descritte con le note da «composizioni che non hanno niente di doloristico perché quello di Gesù è un modo di morire glorioso», ha illustrato Rosini, sono state «le parole di un morente ossia quelle che segnano e illuminano tutta una vita» e senza le quali «il cristianesimo sarebbe tutta un’altra cosa».

La musica di Haydn, nella versione per quartetto d’archi rivisitata dal concertino dei primi violini dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Ruggiero Sfregola, è stata eseguita da professori dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia, del Teatro San Carlo di Napoli, del Teatro dell’Opera di Roma, e da docenti del Conservatorio Santa Cecilia di Roma, allievi del Conservatorio e membri dell’Orchestra Giovanile Fontane di Roma e della Roma Vocal Ensemble, alla presenza, tra gli altri, del cardinale vicario Angelo De Donatis.

Il primo quadro «in cui la musica sottolinea la salvezza perché c’è vita nel perdono e in chi sa perdonare», sono state le parole di Rosini, rimanda all’invocazione di Gesù: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno», laddove «il Signore mentre lo crocifiggono esce dalla dimensione orizzontale e parla col Padre e stende il velo della sua misericordia sul nostro male, quello che per l’uomo resta un mistero». Ancora, la promessa di Gesù al ladrone buono: «Oggi sarai con me in Paradiso», una promessa «di un futuro che è già qui – ha spiegato Rosini -, perché per la potenza di Cristo quella croce diventa la porta per il Paradiso», e pure la musica, che «si fa limpida», dice che «con Cristo il dolore diventa luce, che ogni dolore può diventare Cielo».

Il terzo momento musicale tratteggia l’affidamento della madre al discepolo Giovanni da parte di Gesù, che «dalla croce continua a fare regali e a creare relazioni» mediante una «deassolutizzazione del possessivo – ha detto Rosini – perché la possessività rovina i rapporti e dunque Gesù ci insegna a essere liberi dal dominio». A seguire, l’invocazione in forma interrogativa di Cristo al Padre – «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» – attraverso «le parole del salmo 22, che comincia con un grido di dolore ma termina con una gioia smisurata – ha chiosato il sacerdote -. Gesù prende su di sé la paura più grande dell’uomo ossia quella di essere abbandonati» ma «sa che è orientata e che accade in vista di altro», per questo «la musica qui è solenne perché si tratta di un dolore nobile, vissuto in attesa di un tempo migliore». L’insegnamento, allora, è che «bisogna avere nel cuore una buona domanda per vivere bene e uscire dai nostri schemi per andare verso una vita più grande».

le 7 parole, fabio rosini, san giovanni in laterano, 25 marzo 2024Dopo la paura, Cristo prende su di sé anche uno dei bisogni primari umani più forti, quello della sete, dimostrando che «c’è un piano che passa anche attraverso le fragilità e le debolezze del corpo» e che «si cresce anche attraverso certi appetiti perché non è vero che devi avere tutto», dato che «senza frustrazioni non ci sono sogni e desideri», ha ammonito Rosini. Quindi il momento dell’agonia e della morte con prima la constatazione «Tutto è compiuto» e poi la remissione dello Spirito nelle mani del Padre da parte di Gesù. «Il verbo greco “teleo” – ha spiegato Rosini – dice di un traguardo e di uno scopo raggiunti: Cristo ha amato fino in fondo ed esulta come un calciatore esulta per un gol; per questo la musica è serena» perché si tratta di «un uomo che muore dopo avere vissuto pienamente». Infine «non Lui che ci abbandona ma noi che ci dobbiamo abbandonare al Padre come Gesù – ha concluso Rosini -: è qui che c’è la fine di ogni paura perché se ti fidi di Dio si sciolgono tutti i nodi interiori»; ecco allora «la musica serena della consegna, seguita d’improvviso dall’energia che racconta il terremoto» dato che «Cristo è entrato nella morte e sopraggiunge il dramma, manifestato pure dalla natura».

26 marzo 2024