La missione e la chiamata a un «cambio di prospettiva»

Il comboniano Sardella, all’incontro dell’Ufficio diocesano. Al centro, la Chiesa, «popolo che cammina insieme», mostrando «non l’esistenza ma la presenza di Dio»

Il contributo che la Teologia può e deve offrire al pensiero missionario della Chiesa «non è un percorso analitico ma ermeneutico e quindi di interpretazione» del «compito dell’annuncio del Vangelo a tutte le periferie esistenziali». Della necessità di questo «nuovo paradigma» per la missiologia ha trattato padre Michele Pio Sardella, missionario comboniano, sabato mattina, 4 marzo, in occasione dell’incontro di formazione ai viaggi missionari organizzato dall’Ufficio diocesano per la cooperazione missionaria tra le Chiese. Aprendo i lavori nella Sala Tiberiade del Seminario Maggiore, a piazza San Giovanni in Laterano, il religioso ha in primo luogo spiegato che vivere la missione significa «sapere intercettare i “perché” della gente, sapendo leggere i segni dei tempi o, meglio, del nostro tempo». Superando una visione «centripeta» dell’azione missionaria, laddove «la missio ad gentes è tesa a portare verso di noi coloro che sono lontani – ha detto –, occorre un cambio di prospettiva alla luce dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium di Papa Francesco», perché «l’evangelizzazione richiede l’atteggiamento dell’avvicinarsi all’altro», riconoscendo «anche nelle altre culture quei giusti capaci di edificare un nuovo umanesimo» e riprendendo «come riferimento la missione di Dio e di Gesù, missionario del Padre».

Si tratta cioè di distinguere tra pluralità e pluralismo, identificando nella prima «la ricchezza che lo Spirito Santo dà con i vari doni» per cui «le Chiese locali sono una ricchezza di tutta la Chiesa universale»; contrariamente, il pluralismo si realizza quando «la varietà diventa una entità a sé» sulla base di «una visione individualistica che oggi domina», ha chiosato il missionario. La Chiesa, dunque, deve percepirsi realmente «come un popolo che cammina insieme – sono ancora le parole di Sardella -, riconoscibile in questo per il suo proprio stile, non per delle tecniche», dando «importanza non al dimostrare l’esistenza di Dio ma a mostrare la presenza di Dio». Da qui il compito dell’animatore missionario: «Mantenere vivo il fuoco della missione con il suo ministero, ricordando che è il nostro battesimo a fondare la nostra corresponsabilità», tanto dei consacrati quanto dei laici, ha chiarito il religioso.

Infine Sardella ha guardato alle sfide che attendo l’animazione missionaria: in primo luogo quella di «diventare discepoli uscendo dallo schema dell’autoreferenzialità per favorire invece la comunione»; ancora, «mettere sempre al centro la persona con rispetto, attenzione, tolleranza e ascolto». Da ultimo, «cambiare stili di vita per portare le parrocchie a “cattolicizzarsi”, uscendo dalla logica del gemellaggio, pur senza trascurarlo». Quattro i principi che secondo il religioso devono regolare l’animazione missionaria per attuare quanto auspicato: «Lavorare non solo sull’emergenza ma creare una vera coscienza missionaria», guardando quindi con continuità e costanza alle attività missionarie e non solo sulla spinta emotiva di alcune specifiche situazioni; fare quindi «diventare la missione un cantiere aperto a tutti, anche ai più piccoli, riconoscendo la ricchezza delle sensibilità di ognuno». Ancora, attuare una cooperazione tra le Chiese valorizzando «la circolarità della missione, ad esempio accogliendo nelle nostre comunità le esperienze di fede delle giovani Chiese» e infine «avviare progetti di sviluppo fondati sulla sussidiarietà e non sull’assistenzialismo».

In conclusione del suo intervento, Sardella ha anche considerato le sfide che la comunicazione digitale pone alla pastorale missionaria invitando a «dare rilievo e ascolto alle domande delle persone più che al cercare di fornire risposte», che oggi, nell’era dei motori di ricerca, «sono ovunque mentre la Bibbia e Gesù pongono tante domande».

A chiudere l’incontro formativo il saluto del vescovo ausiliare Riccardo Lamba, delegato per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, che ha sottolineato che «vivere l’esperienza missionaria è aiutare le popolazioni a crescere, imparando a cogliere quello che loro hanno da darci». Presente alla seconda parte dell’incontro anche padre Giulio Albanese, comboniano e nuovo direttore dell’Ufficio diocesano per la cooperazione missionaria tra le Chiese, succedendo a suor Elisa Kidané, che ha approfittato dell’evento formativo per annunciare ai presenti l’avvicendamento ricordando nel suo saluto la necessità di «attingere e abbeverarci ogni giorno tutti all’esperienza di chi ha vissuto e vive la missione».

6 marzo 2023