La metafisica degli oggetti di Giorgio Morandi

In mostra al Vittoriano fino al 21 giugno 150 opere che ricostruiscono l’itinerario intellettuale dell’artistia bolognese

In mostra al Vittoriano fino al 21 giugno 150 opere che ricostruiscono l’itinerario intellettuale dell’artista bolognese

«Toccare il fondo, l’essenza delle cose» é il principio ispiratore di tanta pittura di Giorgio Morandi (1890-1964), bolognese di carattere schivo che, tuttavia, mai visse in isolamento, misurandosi con altri artisti con cui entrò in contatto. Dal mondo visibile, osservato ma non imitato, nasce il suo linguaggio pittorico e il suo mondo poetico, la vita segreta degli oggetti comuni, ovvero bottiglie, vasi, tazze, conchiglie, imbuti. Un modo individuale di vedere le cose che, pur essendo collocate unicamente nella sua camera-atelier, nel cortile che vede dalla finestra e nel paesino dell’Appennino dove trascorre le vacanze, danno vita a un linguaggio unico ed universale.

Vissuto in un’epoca di grandi cambiamenti nel nostro Paese, che da essenzialmente agricolo divenne industrializzato, s’interessò alle correnti artistico-letterarie del tempo, come il futurismo, e alla metafisica di de Chirico. Guardando alla pittura dei grandi maestri della tradizione italiana, da Giotto a Piero della Francesca e Caravaggio, e alla pittura francese di Cezanne, approdò a una rappresentazione del reale che rifletteva l’inquieta modernità dei tempi presenti. A questo conservatore illuminato – come lo definì il critico e amico Cesare Brandi – il complesso del Vittoriano dedica una mostra monografica, cronologica, di 150 opere provenienti da importanti musei pubblici, non sono italiani, e da collezioni private.

Ricostruito è l’itinerario intellettuale di Morandi: ai dipinti è accostata l’attività incisoria (per chiara fama ottenne la cattedra di tecnica dell’incisione dell’Accademia delle Belle Arti, che mantenne per 26 anni). Attività presente in mostra con matrici in rame (raramente esposte al pubblico per motivi conservativi); produzione parallela ma non meno significativa della pittura, così come la serie di disegni e acquerelli.

Ricorrenti sono i temi della natura morta, paesaggi e fiori. Motivi che, se senza dubbio si ergono al di là della contingenza, in quanto lontani da intenti narrativi e sociali, tuttavia non sono facilmente fruibili da un pubblico di non amatori o competenti: difficile è la percezione delle sottilissime variazioni all’interno dei differenti generi pittorici di oggetti semplici, tratti dalla vita quotidiana, che affollavano realmente il suo studio nella casa di via Fondazza, ma in special modo la sua mente. «Credo che nulla possa essere più astratto del reale, di quello che effettivamente vediamo», diceva il pittore che non amava la figura umana ma svuotava gli oggetti di significato, di contenuto, per coglierne l’essenza, operando una sorta di straniamento di brechtiana memoria. Ovvero un oggetto, noto e estraneo a un tempo, stimola un ragionamento analitico e critico, non emotivo, rispetto a ciò che è rappresentato.

Utili in tal senso le sezioni dedicate ai due storici dell’arte, Longhi e Brandi, site prima del salone centrale, per accostarsi al modus operandi di Morandi e al suo studio sulla luce che, posandosi sugli oggetti immobili, assume colori sempre più tenui e rarefatti. Tecnica che si affina in questo pittore, amato da Antonioni, Fellini, De Sica e Pasolini, fino agli ultimi anni della sua vita.

“Giorgio Morandi 1890-1964”, al Complesso del Vittoriano. Fino al 21 giugno 2015. Curatrice: Maria Cristina Bandera. Catalogo: Skira, € 39. Orario: dal lunedì al giovedì 9.30-19.30; venerdì e sabato 9.30-22; domenica 9.30-20.30. Biglietto: € 12 intero; € 9 ridotto. La biglietteria chiude un’ora prima. Organizzazione generale: Comunicare Organizzando. Per informazioni: tel. 06.6780664.

17 marzo 2015