La memoria delle foibe e dell’esodo istriano, «chiave per comprendere il futuro»

Celebrato in Campidoglio il Giorno del Ricordo. Le testimonianze dei sopravvissuti e dei familiari. La voce delle associazioni, per pervenire a «una cognizione corretta di quanto accaduto». Il sindaco Raggi: «La storia deve insegnarci qualcosa»

Claudio Smareglia ha 74 anni. È originario di Pola ed era solo un bambino quando fu costretto a lasciare la sua terra per fuggire «dalla pulizia etnica» voluta dal maresciallo Tito. Il 10 febbraio 1947, giorno in cui furono firmati a Parigi i Trattati di pace, la seconda guerra mondiale era finita da due anni ma di fatto per gli italiani residenti a Istria, Fiume, Dalmazia, erano cessati solo i bombardamenti. «Con l’accondiscendenza di forze politiche italiane, che sapevano benissimo ciò che stava accadendo, migliaia di connazionali sono stati uccisi nelle foibe», ha detto Smareglia, pilota dell’Alitalia in pensione, intervenuto ieri, 10 febbraio, all’incontro organizzato nella sala della Protomoteca in Campidoglio in occasione del Giorno del Ricordo istituito nel 2004 in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata.

La pandemia non ha permesso alle scolaresche di partecipare ai tradizionali viaggi studio nei luoghi teatro degli eccidi, come la foiba di Basovizza e l’ex campo profughi di Padriciano, che, per stessa ammissione dell’assessore capitolino alla Scuola Veronica Mammì, «hanno profondamente cambiato la personale percezione rispetto a questi gravi fatti storici». Saranno comunque organizzate numerose iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi del secolo scorso, ha assicurato il sindaco Virginia Raggi durante l’evento trasmesso in diretta streaming. «Finalmente è stato squarciato il velo di silenzio che avvolgeva tutta la vicenda che fa parte della storia italiana e romana», ha affermato Raggi facendo riferimento al quartiere Giuliano-Dalmata, a sud di Roma, dove nel 1947 si insediarono alcune famiglie di profughi giuliani. Il sindaco ha ricordato che per molti anni questo capitolo di storia è stato ignorato e «avere una visione strumentalizzata» ha reso molto complicato ricostruire avvenimenti «molto dolorosi e mal raccontati». La memoria trasmessa dagli esuli, dai sopravvissuti, dai loro figli consegna alle nuove generazioni «le chiavi per comprendere meglio il presente e il futuro e consentirà loro di essere adulti migliori», ha aggiunto. Lo studio, l’approfondimento, le testimonianze di chi quegli avvenimenti li ha vissuti in prima persona «consentiranno di far crescere una comunità di persone più solidale, inclusiva, accogliente, comprensiva, rispettosa – ha concluso Raggi -. Questo è il senso che si può dare a un dramma ormai consumato e sul quale non c’è più rimedio ma la storia deve insegnarci qualcosa per migliorare il futuro».

La famiglia di Claudio Smareglia è istriana dal 1649 eppure è stata costretta ad andare via perché «era pericoloso il solo fatto di essere italiani». Il padre, docente di lettere e filosofia, fu arrestato più volte. Claudio, anche se all’epoca era un bambino, ricorda bene la fuga con la famiglia costretta a dividersi per mettersi in salvo. Il padre si trasferì a Mestre mentre lui, la mamma, la nonna e uno zio per sette anni hanno vissuto in un silos, una sorta di grande magazzino vicino alla stazione di Trieste. «Era un punto di raccolta di profughi – ricorda -. È stata un’esperienza traumatizzante. Vivevamo in un piccolo box ricavato con dei cartoni».

Il vicepresidente della Società di Studi Fiumani Roberto Serdoz, figlio di esuli fiumani, nato a Roma, ha raccolto il testimone della sua famiglia facendosi portavoce di quanto ascoltato negli anni «perché si conoscesse il drammatico esodo epocale degli istriani e le vicende di migliaia di italiani uccisi nelle foibe che per anni non hanno avuto la dignità di essere ricordati a dovere dalle istituzioni». La storia deve essere «continuamente affermata e ricordata – ha detto la vicepresidente dell’associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Donatella Schürzel – Il mondo degli esuli sta cercando di far conoscere e far pervenire a una cognizione corretta, oggettiva e inoppugnabile quanto accaduto».

11 febbraio 2021