La lotta alle mafie, una «guerra a vari livelli»

Nella Capitale la teca con i resti della “Quarto Savona Quindici”, l’auto della scorta del giudice Falcone. Ad accoglierla, il governatore del Lazio Zingaretti, il sindaco Gualtieri, il prefetto Messina e Tina Montinaro, vedova di uno degli uomini rimasti uccisi

L’impegno culturale per contrastare tutte le mafie “serve” davvero? La domanda, così naturale in occasione degli anniversari più dolorosi della storia, l’ha rilanciata il Presidente della Regione  Lazio Nicola Zingaretti ieri mattina, 26 maggio, a piazza San Silvestro, dove è stata svelata la teca con i resti dell’auto della scorta di Giovanni Falcone. “Quarto Savona Quindici” – questo il nome in codice della Croma blindata su cui viaggiavano i giovani Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo – rimarrà al centro di Roma a rappresentare una dolorosa reliquia dell’attentato di Capaci, il 23 maggio 1992, e delle vittime di tutte le mafie. Visibile fino al 2 giugno, la teca sarà illuminata h24 grazie alla collaborazione di Acea. Verrà spostata solo il 30 aprile per poi fare ritorno nella Capitale il giorno dopo. A organizzare l’esposizione è la Regione Lazio in collaborazione con il Comune di Roma, la Polizia di Stato, ma soprattutto l’Associazione “Quarto Savona Quindici” sostenuta dalla vedova di uno dei tre agenti della scorta, Tina Montinaro. È parte di un progetto che percorre le città dell’Italia da Sud a Nord per ricordare a tutti quegli uomini coraggiosi che hanno perso la vita per difendere la democrazia, nella figura di uno dei magistrati simbolo della lotta alla mafia.

Ieri per capire e ricordare c’erano le più alte cariche della Regione e di Roma Capitale, il presidente Zingaretti e il sindaco Gualtieri, ma anche i ragazzi del Liceo Ceccano (Frosinone), Tina Montinaro, il prefetto Francesco Messina, direttore Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, e Gianpiero Cioffredi, presidente dell’Osservatorio per la sicurezza e la legalità della Regione Lazio. «Sì, la componente culturale è necessaria alla lotta alla criminalità organizzata – risponde quasi a se stesso Nicola Zingaretti -, perché tutti noi dobbiamo mobilitarci quotidianamente  in questa guerra a vari livelli: chi nella scuola, chi nell’associazionismo, chi nella vita pubblica. Ricordo che quando ero un giovane studente tutti sapevamo chi fossero i mafiosi – incalza il governatore – eppure costoro circolavano liberi, impuniti. Grazie a figure come Pio La Torre, o a eventi come il maxi processo in Sicilia, alle leggi e al senso civico delle persone comuni, questi capi mafia oggi sono quasi tutti in prigione. Ormai l’Italia è un modello di riferimento internazionale per la lotta alla criminalità organizzata. Solo pochi giorni fa abbiamo ricordato il trentesimo anniversario della strage di Capaci – ha concluso Zingaretti – e noi oggi onoriamo con l’impegno civile il sacrificio di quanti sono morti quel giorno. E dobbiamo farlo 365 giorni all’anno».

Anche il sindaco Gualtieri parla del senso del ricordo: «È doloroso provare a immaginare quanto sia capitato a chi era seduto in quest’auto dilaniata dall’esplosivo, eppure è necessario. Questo monumento colpirà le coscienze – ha detto – e ci aiuterà a essere più consapevoli che la violenza della mafia ci toglie la libertà, per questo non dobbiamo dimenticare. Con l’attacco alla magistratura, la criminalità organizzata non ha spento il senso civico, al contrario lo ha risvegliato. C’è stata una partecipazione di tutti gli italiani a sostenere la legalità, in favore delle forze dell’ordine». E tocca le corde della coscienza civica anche la testimonianza di Tina Montinaro. «Pensavano di averci fermati uccidendo i nostri cari ma abbiamo loro dimostrato di aver vinto noi – le sue parole -. Ho avuto la fortuna di aver sposato un uomo che ha scelto di buttarsi in prima linea, di non delegare agli altri, perché è così che si porta il cambiamento. Tutti noi cittadini comuni abbiamo l’obbligo della memoria: quando muore un uomo di Stato perdiamo tutti».

Per il prefetto Messina, «la lotta alla mafia si porta avanti con i metodi repressivi ma anche con il senso civico. E la presenza oggi di tanti studenti, che domani incarneranno la classe dirigente di questo Paese, ci dimostra che il messaggio verrà recepito. L’esempio e la memoria sono indispensabili affinché ci sia coesione contro il fenomeno mafioso. Perché siamo ancora vulnerabili alla criminalità ma abbiamo un’esperienza, quella siciliana, che traina e rinforza altri contesti ancora soggetti al fenomeno mafioso», ha concluso.

27 maggio 2022