La “guerra di religione”, «macchina di propaganda»

Inaugurato con il nuovo volume di Giulio Albanese il ciclo di incontri Caritas “Raccontiamoci un libro”. Al centro, l’aspetto religioso nei conflitti di oggi

Il nuovo volume di padre Giulio Albanese, con cui si è inaugurato il ciclo di incontri Caritas “Raccontiamoci un libro”, indaga l’aspetto religioso nei conflitti di oggi

Presentato ieri, giovedì 7 aprile, a Roma, nella libreria Feltrinelli di via Vittorio Emanuele Orlando, il nuovo libro di padre Giulio Albanese “Vittime e carnefici nel nome di Dio” (Einaudi). L’iniziativa è stata promossa dalla Caritas diocesana nell’ambito della rassegna “Raccontiamoci un libro” che ha preso il via ieri e che continuerà con altri due appuntamenti. Insieme all’autore, missionario comboniano e giornalista, è intervenuto il direttore della Caritas romana monsignor Enrico Feroci. «Padre Albanese – ha detto monsignor Feroci – è un testimone autentico e vero, non è uno di quelli che ruba il pane in cucina di nascosto. Quello che ci racconta lo ha vissuto».

L’autore ha spiegato le motivazioni che lo hanno spinto a indagare l’aspetto religioso nei conflitti dei nostri tempi. «In un mondo complesso – ha detto Albanese – le ingiustizie sono all’ordine del giorno e i media non riescono a rappresentare questa realtà. La affrontano in termini ancora molto riduttivi e lontani geograficamente». Per questo, secondo l’autore, anche le persecuzioni nel nome di Dio sono presentate in modo semplificato. «Ho voluto riflettere sul ruolo della religione anzitutto mettendomi dalla parte delle vittime – ha spiegato l’autore -, esprimendo empatia e solidarietà per tutti coloro che subiscono persecuzioni come nostro Signore». Però, ha proseguito il religioso, «volevo indagare anche la psicologia dei carnefici che strumentalizzano la fede per scopi criminali».

Padre Albanese ha portato l’esempio del clamore mediatico avuto dall’attentato contro la comunità cristiana di Lahore che festeggiava la Pasqua. Gruppi criminali della galassia islamista che si sono fatti conoscere attaccando i cristiani. «Il giorno prima – ha ricordato – in Iraq sono stati uccisi quaranta giovani in uno stadio, i media quasi non se ne sono accorti». Questo, ha spiegato, dimostra che la “guerra di religione” è soprattutto una macchina di propaganda, una trappola nella quale molti giornali cadono facilmente, utilizzata dai vari gruppi terroristici per accreditarsi e fare seguaci.

8 aprile 2016