La famiglia di Asia Bibi e una vittima di Boko Haram dal Papa

L’appuntamento il 24 febbraio, insieme a una delegazione della fondazione Acs, in occasione dell’iniziativa del #ColosseoRosso, voluta «per non dimenticare i martiri della persecuzione anticristiana nel mondo»

Rebecca Bitrus è stata per due anni prigioniera di Boko Haram, in Nigeria. Nella mattina di sabato 24 febbraio incontrerà Papa Francesco, insieme al marito e alla figlia di Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte in Pakistan con l’accusa di blasfemia e in carcere ormai da 9 anni. Con loro ci sarà anche una delegazione della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre. L’occasione è l’iniziativa del #ColosseoRosso organizzata da Acs proprio «per non dimenticare i martiri della persecuzione anticristiana nel mondo», a poche ore di distanza dall’udienza privata con il pontefice.

«Quando incontrerò il Santo Padre racconterò la mia storia e anche di come tutte le preghiere del vescovo, dei sacerdoti e di tutti i fedeli della mia diocesi mi abbiano aiutato e mi abbiano salvata», afferma Rebecca. Serenamente, dice di «aver perdonato dal profondo del cuore» i suoi rapitori. Una storia difficile, la sua, iniziata nel 2014, quando i jihadisti di Boko Haram la rapirono insieme ai due figli, di 1 e 2 anni. La donna ha subito violenza ed è rimasta incinta. Il figlio più piccolo è stato affogato dopo il suo rifiuto di ripudiare il cristianesimo; l’altro è stato venduto a una famiglia. Presa a botte sul volto con un fucile, ha perso alcuni denti. Una volta liberata, Rebecca ha ritrovato il figlio venduto e ha tenuto quello nata dalla violenza. Al Papa, dichiara, «chiederò di pregare per me e per tutte quelle ragazze che sono nelle mani di Boko Haram, con alcune delle quali sono stata anche io prigioniera nella boscaglia».

Da Papa Francesco ci saranno anche Ashiq Masih e Eisham Ashiq, il marito e la figlia minore di Asia Bibi, la donna pakistana da nove anni in carcere, condannata a morte per blasfemia, ancora in attesa che i giudici esaminino il suo ricorso. «Voglio pregare insieme al Santo Padre per la liberazione di mia madre e, se possibile, voglio dargli un bacio da parte sua e delle mie sorelle», dichiara la ragazza, 18 anni, metà della vita vissuta lontano dalla mamma. Senza di lei, racconta, «mi sento incompleta. Ci sono molte cose da donna e da giovane ragazza di cui mi posso confidare solo con lei. Anche se mio padre cerca di essere allo stesso tempo sia padre sia madre. Ma quello che è una mamma per una giovane ragazza può esserlo solo una mamma».

Il marito di Asia racconta invece dell’ultimo incontro in carcere, il 17 febbraio, prima di partire per l’Italia. «La possiamo andare a trovare una volta al mese per 15 minuti», riferisce. Nell’ultima visita hanno parlato dell’evento organizzato da Acs. «Mia moglie mi ha chiesto di ringraziare la comunità internazionale per la sensibilità e chiede a tutti quanti di pregare per lei». Riguardo agli sviluppi dell’iter processuale, l’uomo riferisce che «l’appello è stato presentato presso la Corte suprema del Pakistan. Speriamo che presto possa esserci un’udienza, anche se c’è un continuo rimando. Se non c’è la volontà di risolvere il caso, i tempi giuridici diventeranno molto lunghi». Da ultimo, un nuovo appello per Asia Bibi: «Grazie alla comunità e ai media internazionali lei è ancora viva oggi. Se tengono accesi i riflettori su di lei sarà possibile che anche l’attesa giudiziaria diventi minore».

Nel pomeriggio di sabato, a partire dalle 18, sia i familiari di Asia Bibi che Rebecca Bitrus prenderanno parte all’iniziativa organizzata da Acs al Colosseo, monumento simbolo del martirio dei primi cristiani, scelto per ricordare il sacrificio di quanti, ancora oggi, donano la loro vita per la fede. Diverse le figure simbolo che saranno ricordate, e diversi anche gli interventi in programma, tra cui quelli del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, del segretario generale della Cei Nunzio Galantino e del presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani.

23 febbraio 2018