La domenica delle Palme nel santuario antico del Divino Amore
La celebrazione presieduta da don Emanuele Albanese, direttore dell’Ufficio diocesano per i matrimoni. «La Parola proclamata diventa la nostra storia»
L’azione performativa della liturgia e in particolare della Messa domenicale in quanto riproposizione e attuazione del mistero pasquale salvifico di Cristo. Don Emanuele Albanese, direttore dell’Ufficio diocesano per i matrimoni e la disciplina dei sacramenti, ha evidenziato questo aspetto nella sua omelia ieri sera, 5 aprile, nel corso della celebrazione a porte chiuse della Domenica delle Palme, trasmessa in diretta da Tv2000 e anche in streaming sulla pagina Facebook della diocesi, a causa delle attuali restrizioni per la pandemia di coronavirus.
Presiedendo l’Eucaristia nel santuario antico del Divino Amore, nel contesto di preghiera quotidiana che dall’11 marzo, e fino al mercoledì di questa Settimana Santa, tiene uniti i romani, in comunione con la Chiesa in Italia, a motivo dell’emergenza sanitaria, il sacerdote ha infatti ammonito: «Non commettiamo l’errore, ascoltando la Passione del Signore, di considerarci semplicemente spettatori di fatti lontani nel tempo, che non hanno una relazione con la nostra vita». Al contrario, ha continuato, «quando la Parola viene proclamata diventa la nostra storia» e in essa «Dio ci sta parlando della nostra condizione» perché «ognuno di noi è uno dei personaggi di cui parla il racconto evangelico».
Ecco allora che in Simone di Cirene, «costretto a portare la croce con Gesù, rivediamo quanti, oggi, sono soffocati dal peso della propria croce di sofferenza, che sembra insopportabile – ancora le parole di Albanese -; con Maria di Magdala, angosciata davanti alla tomba vuota, condividiamo i tanti “perché” mentre di Pietro, che capisce di avere rinnegato il Signore, facciamo nostre le lacrime». Ancora, Giuseppe di Arimatea «che fece deporre il corpo di Gesù dalla croce» è l’immagine emblematica di quanti «in questi giorni di sofferenza devono seppellire i propri cari». Ciascuno di noi, dunque, «con il dono dello Spirito Santo che ci illumina -ha sottolineato il sacerdote – può riconoscere se stesso e la propria storia» perché «con Gesù anche noi siamo chiamati a salire al Calvario, con lui possiamo andare sulla croce ma anche risorgere».
Albanese ha quindi evidenziato come «in questo cammino con Cristo verso la Pasqua non siamo soli con la nostra croce né siamo soli con le nostre domande angoscianti davanti al sepolcro vuoto» perché a sostenere la nostra fede «è la forza dell’Eucaristia, il nutrimento che nell’ultima cena Cristo ha lasciato ai discepoli». Da qui la sottolineatura del sacerdote: «In ogni celebrazione eucaristica il cielo scende sulla terra e noi entriamo in comunione con il cielo e con tutti i santi», a ricordare come, attraverso la liturgia, Cristo continua nella sua Chiesa l’opera della nostra redenzione. Per questo «oggi è proibito essere tristi – ha concluso il sacerdote -, perché abbiamo la grazia di Gesù e l’aiuto di tutti i santi, ai quali possiamo e dobbiamo rivolgerci, e siamo destinati a bere il calice della gioia insieme a Cristo».
6 aprile 2020