La disabilità vista con gli occhi di un fratello
I “sibling” – fratelli o sorelle di persone disabili – chiamati a una giornata di studi dall’associazione “Il Chicco”. Pagazzi (dicastero Cultura): «Dio, Padre competente»
Bellezza e difficoltà dell’essere fratelli. Sono i due aspetti – facce della stessa medaglia – che la giornata di studi “Sono forse io il custode di mio fratello”, promossa sabato 18 febbraio dall’associazione Arca-Comunità “Il Chicco“, ha inteso mettere a fuoco analizzando la figura del sibling, il fratello o la sorella di una persona affetta da una disabilità. L’evento, che ha avuto luogo nella Sala Troisi, a Trastevere, è stato aperto dalla lettura di una lettera di saluto di Papa Francesco indirizzata agli organizzatori e ai partecipanti, da parte del direttore dell’Osservatore Romano Andrea Monda. Avvicinando i siblings alla figura del «Cireneo, costretto dalle guardie a portare la croce di Gesù per un lungo tratto della via dolorosa», il pontefice ha sottolineato come questo «ci ricorda che nessun uomo è solo ma vive in una rete di relazione, nel bene e nel male», e che «quando amiamo l’altro, lo amiamo come ci ama Gesù: così come egli è, non come pensiamo che debba essere» perché «l’amore non produce scarti».
Proprio «mettere la relazione al centro» è il tratto distintivo della Comunità che dal 1981 opera nell’accoglienza delle persone con disagio mentale a Ciampino, alle porte di Roma, come ha spiegato nel suo saluto Giancarlo Cursi, responsabile de “Il Chicco”. Di una relazione che è «quella più lunga della nostra vita» e «il rapporto più difficile» ha trattato monsignor Giovanni Cesare Pagazzi, teologo e segretario del dicastero per la Cultura e l’educazione, guardando all’episodio di Caino e Abele, raccontato nel capitolo 4 della Genesi e che dava il titolo alla giornata di studi. «La Bibbia ci dice le costanti della storia umana – ha spiegato – e tra queste c’è il rapporto fraterno», presentato dal testo sacro «non in forma retorica alla Hansel e Gretel» ma mettendo «in relazione la comunione fraterna con il rischio di omicidio».
Per Pagazzi, «la Sacra Scrittura è realistica e spietata» nel narrare che «il litigio tra i due fratelli raggiunge l’acme in una situazione di preghiera», a dire che «nessun ambito è esente dalla rivalità»; ancora, alla base del gesto di Caino, che si sente escluso da Dio perché il suo sacrificio non viene riconosciuto, «c’è la paura» generata dal senso di «minaccia dell’altro» e dall’idea che «l’origine sia incompetente: Dio non è in grado di garantire lo spazio adeguato a tutte le vite che ha messo al mondo». Se nella lettura comune, «fatta con gli occhi di Caino», quella operata da Dio nei confronti di Abele è un’ingiustizia, per Pagazzi va notato «il privilegio accordato solo a Caino, altrettanto esclusivo come quello di Abele: con lui Dio parla, gli chiede perché sia triste e, con occhi pieni di speranza, gli dice “Tu dominerai il male”» cioè «Dio è convinto che Caino ce la farà». Le conclusioni di Pagazzi sono quindi derivate dal porre lo sguardo su «quello che di nuovo ha portato il Nazareno» ossia «una rivoluzione» secondo la quale «Dio è un padre competente, che è all’altezza della vita che ha messo in essere e cerca di convincerci di questo», che equivale a «convincere un sibling che la mamma e il papà gli danno lo stesso che danno al fratello, solo in un’altra maniera». Infine, l’idea che «Gesù non è solo figlio del Padre ma anche il primogenito e quindi è fratello», o meglio per Pagazzi «Cristo è il sibling, perché ha fratelli e sorelle che non capiscono, pur mettendocela tutta».
Centrali – dopo l’intervento del filosofo Stefano Oliva, che ha ricercato “Indizi di una filosofia della fraternità” nel pensiero di Agostino, Hegel, Freud e Levinas, e dello psichiatra dell’asl Roma1 Federico Russo, che ha trattato de “La fratellanza nella sofferenza mentale” – sono state le testimonianze di alcuni siblings. Alessandra Ginzburg, figlia della scrittrice Natalia, ha raccontato dei 10 anni nei quali, dopo la morte della madre, si è presa cura della sorella idrocefala, prendendola in casa con sé e «ricevendo tanto da lei sia per il mio lavoro di psicoterapeuta sia per l’impegno all’integrazione delle persone con handicap». Filippo Mira, fratello di Edoardo, lo ha definito «il nostro custode, colui che ci tiene uniti come famiglia» mentre Carlo Perrone, fratello maggiore di Mario, affetto da un autismo profondo, ha sottolineato come «lui mi ha reso migliore, portandomi a voler cercare sempre e comunque un lieto fine». Ancora, il racconto di Flavia Ferroni, chiamata ad essere, quasi per bilanciare il ritardo psico-motorio del fratello Marco, «la sorella “più”», e quello di Filippo Montesi, che vede a volte nel fratello Simone e nella sua disabilità intellettiva «una creatura a sé» ma che ha tenuto a sottolineare che «per quanto possa essere conflittuale, il nostro rapporto non ha limiti».
20 febbraio 2023