“La dignità NON tratta”

A Santa Maria in Ara Coeli, portone rivestito coi fogli dorati delle coperte termiche per la prima Giornata diocesana contro la tratta. Il vicegerente Palmieri: «La comunità cristiana chiamata a essere fermento». Il prefetto Piantedosi: «Fenomeno che non prescinde dalla schiavitù»

Il portone di ingresso della basilica di Santa Maria in Ara Coeli si è colorato d’oro in occasione della prima Giornata diocesana contro la tratta, celebrata venerdì 14 maggio e promossa dal Coordinamento pastorale del settore, nato due anni fa, di cui fanno parte Caritas diocesana, Usmi, Comunità di Sant’Egidio, Associazione Papa Giovanni XXIII, Associazione Slaves No More, Fondazione Arché, oltre alle quattro unità di strada che svolgono il loro servizio in diversi luoghi della città.

L’installazione, eseguita nell’ambito del progetto “Eldorato”, è stata realizzata dall’artista Giovanni de Gara, che ha rivestito le porte della chiesa con sottili fogli dorati, ricavati dalle coperte termiche con cui si offre un primo conforto ai tanti uomini, donne e bambini soccorsi in mare. Un’opera carica di simboli che richiama, tra le altre cose, il miraggio di una vita più dignitosa che attira e intrappola la maggior parte dei migranti, incluse le donne vittime della tratta per lo sfruttamento sessuale. Ed è proprio a loro che è stata dedicata la Giornata, sul tema “La dignità NON tratta”, un’iniziativa che si è articolata in due momenti: il primo, in mattinata, ha visto un incontro di sensibilizzazione online con 360 ragazzi di diverse scuole romane; il secondo, invece, ha avuto luogo all’interno della basilica, dove si è lasciato spazio alla riflessione e alla preghiera.

«Questa giornata nasce dalla consapevolezza che la comunità cristiana è chiamata a essere fermento – ha esordito l’arcivescovo Gianpiero Palmieri, vicegerente della diocesi -. La nostra comunità è formata da persone che sentono che gli è stato fatto un grande dono, quello della fede, e a partire da questo vogliono costruire insieme un mondo migliore». Solo grazie a un lavoro in rete tra istituzioni civili, soggetti ecclesiali e laici sarà dunque possibile «a ogni donna e uomo poter coltivare i suoi sogni, senza pensare che qualcuno possa venire e portare la loro vita in un’altra direzione con la forza o con la persuasione dell’inesorabilità di quel destino».

La parola è quindi passata al vescovo ausiliare Benoni Ambarus, delegato diocesano per la Carità, il quale ha invitato i presenti a mettere a fuoco, idealmente, i volti sofferenti delle tante donne incontrate in strada: «Siamo qui per loro, perché non possiamo non prendere consapevolezza di quanto accade – ha detto -. C’è una distorta percezione del fenomeno che non ci permette di cogliere le sofferenze delle ferite psicologiche e fisiche di queste persone». Anche i clienti «devono essere sempre più coscienti che stanno chiedendo “prestazioni” a una donna piegata nel corpo e nello spirito».

A ribadire la drammaticità di questa piaga mondiale, anche il prefetto di Roma Matteo Piantedosi: «La tratta tocca l’uomo nella sua profonda essenza e ha implicazioni di carattere sociale, antropologico e storico – ha commentato -. Nella discussione pubblica viene spesso confusa con il fenomeno dell’immigrazione irregolare, in realtà è qualcosa di più, in quanto non necessariamente la implica». Si tratta di un fenomeno, ha aggiunto, «che non prescinde dalla condizione di schiavitù, per questo è fondamentale il contributo di tutti».

Centrali anche i momenti di testimonianza proposti: l’attrice Claudia Conte ha letto alcuni brani tratti da “Io sono Joy”, il libro di Mariapia Bonanate con la prefazione di Papa Francesco, che racconta la vera storia di una giovane arrivata dalla Nigeria in Italia con la promessa di un lavoro e finita poi sulla strada, dove è diventata schiava di sfruttatori senza pietà. Monsignor Ambarus ha poi affidato le vittime di tratta e l’impegno di ciascuno alla protezione di santa Bakhita, la suora canossiana di origine sudanese divenuta simbolo dell’impegno della Chiesa contro la tratta. Ai piedi del suo dipinto sono state accese delle candele e poste delle catene che poi simbolicamente sono state spezzate; tutto accompagnato dai canti di alcune giovani della Comunità di Sant’Egidio. A concludere la Giornata, la liberazione di cinque colombe, simbolo di speranza e salvezza.

17 maggio 2021