La deportazione degli ebrei di Roma e la «memoria che non finisce»

La manifestazione di Comunità di Sant’Egidio e Comunità ebraica in ricordo dei fatti del 16 ottobre 1943. Riccardi: «Antifascismo e antitotalitarismo non sono posizioni partitiche ma scelte di amore per la libertà, rispetto per la vita e la democrazia»

Giovani, famiglie, anziani e nuovi italiani si sono riuniti ieri sera, domenica 17 ottobre, per dire con forza, ancora una volta, mai più violenza. Mai più odio. Sono state centinaia le persone che hanno partecipato alla tradizionale manifestazione – quest’anno svoltasi in forma statica a causa del Covid – in ricordo della deportazione degli ebrei di Roma, avvenuta il 16 ottobre 1943. Furono 1.024 gli ebrei strappati dalle loro case e imprigionati nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, tra i quali oltre 200 bambini. Di quelle persone solo 15 uomini e una donna, Settimia Spizzichino, fecero ritorno a casa. Un passato doloroso e tragico che la Comunità di Sant’Egidio insieme alla Comunità ebraica di Roma si impegna a ricordare insieme sin dal 1994, riunendosi al Portico d’Ottavia, cuore del ghetto. «Quella di oggi è una cerimonia di fratellanza – ha esordito Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, ricordando il 35° Incontro internazionale di dialogo e preghiera per la pace tenutosi pochi giorni fa al Colosseo -. Solo insieme è possibile portare avanti la comune missione della memoria, perché uomini e donne sono fortemente interdipendenti». Da qui il dovere di conoscere e tramandare, come ha sottolineato Riccardo Di Segni, rabbino capo degli ebrei della Capitale: «Prima degli eccidi, c’è stata l’umiliazione e la discriminazione iniziata con le leggi razziali del 1938 – le sue parole -. Incontri di questo tipo servono a dire che bisogna studiare, ricordare e vigilare, soprattutto nei momenti di crisi».

“Non c’è futuro senza memoria”, recitava lo striscione blu che negli anni precedenti veniva portato in testa al corteo e che quest’anno è stato appeso sul palco. A fare da sfondo, in una piazza gremita, i cartelli con i nomi di diversi campi di concentramento nazisti. Nomi che devono rimanere ben impressi nella mente, perché «il futuro non sia una riedizione del passato», ha detto Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Citando gli scritti di Pirro Scavizzi, cappellano sui treni in Polonia e Ucraina, ritrovati nell’archivio vaticano, ha poi sottolineato come «antifascismo e antitotalitarismo non siano posizioni partitiche o faziose ma chiarezza, amore per la libertà, rispetto per la vita e la democrazia». Insomma, una scelta di civiltà divenuta ancora più preziosa in questo tempo che sta vedendo la scomparsa degli ultimi testimoni della Shoah: «La memoria che non finisce è una risposta ai negazionismi, ma anche alla dimenticanza di una società concentrata sull’io – ha proseguito -. Ciascuno di noi, dunque, ha un’enorme responsabilità nei confronti del futuro».

Per monsignor Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo della Cei oltre che vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, la memoria è fondamentale per «testimoniare l’alleanza di Dio con l’umanità intera, per vivere come fratelli e sorelle: un’unica famiglia, nella nostra diversità». Richiamandosi alle parole del rabbino Yisrael Meir Lau, il quale, deportato da bambino in un campo di concentramento, aveva trovato la sua “vendetta” nell’amore per la vita, il presule ha aggiunto che «la memoria richiama la necessità di impegnarci, perché la nostra storia e fede diventino cultura del vivere e del convivere». Non far scivolare la manifestazione nella ritualità degli anniversari: questo invece il monito lanciato dal presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, il quale ha sottolineato come «insieme alla testimonianza, sia fondamentale tenere gli occhi bene aperti di fronte alle forme di discriminazione che ancora attraversano il nostro tempo». Urge quindi «fare comunità nei quartieri, investire nella cultura per una crescita collettiva e scommettere di nuovo nella scuola». Una giornata come quella di oggi, ha concluso il governatore, «deve essere ricordata in un impegno quotidiano».

18 ottobre 2021