La dedicazione della chiesa segno del Giubileo del 2000

Novembre 2003, su Roma Sette l’inaugurazione a Tor Tre Teste del complesso parrocchiale intitolato a Dio Padre Misericordioso con le tre vele progettate dall’architetto Meier

«Questa chiesa rimarrà a perenne ricordo dell’Anno Santo del 2000 del XXV del mio pontificato. Invio dunque la mia benedizione auspicando che la lieta circostanza sia stimolo per una sempre maggiore lealtà a Cristo». Quando il Cardinale Vicario Ruini legge il messaggio del Papa l’applauso non potrebbe essere più scrosciante, convinto, contagioso. è arrivato finalmente il momento della dedicazione della chiesa di Dio Padre Misericordia qui a Tor Tre Teste, e le tre vele spiegate dall’architetto Meier sono pronte a prendere il largo nel nuovo millennio, nel quartiere, e nel cuore dei parrocchiani. Costretti per anni ad una sede di fortuna e da domenica scorsa accolti in quest’arca di luce e di preghiera.

«Oggi è un giorno di gioia per noi tutti, ma è anche un giorno importante in quella vicenda straordinaria che è la storia della nostra Diocesi – ricorda il Cardinale Ruini di fronte al sindaco di Roma Walter Veltroni, al Presidente della Regione Lazio Francesco Storace e alle altre autorità convenute – che può festeggiare una chiesa intitolata a quella misericordia divina, caratteristica del pontificato di Giovanni Paolo II fin dalla sua seconda enciclica, e che è rivelazione del cuore di Dio agli uomini. Attraverso la porta che in essa Cristo spalanca, l’umanità è chiamata ad entrare».

Dopo l’omelia, a parlare sono gesti densi, attorno ai quali si coagula l’immagine della chiesa come segno del mistero santificato dal sangue di Cristo: la collocazione delle reliquie di una pergamena nel sepolcro, la comunità che invoca la preghiera di dedicazione, l’unzione dell’altare e delle pareti, l’incensazione e l’illuminazione a festa che accende di caldi riflessi i cristalli della cupola. Fino alla reposizione del Santissimo Sacramento davanti al quale un ministrante alimenta la lampada che da quel momento non sarà più spenta. Come la soddisfazione e la commozione che si legge sul volto dei parrocchiani, giunti in tantissimi, tanto da non poter entrare tutti nella chiesa.

Alcuni seguono la celebrazione attraverso gli schermi collocati nello spazio antistante, altri affacciati dai vetri che costituiscono la sua cifra stilistica. Volti che circoscrivono il gioco di cemento e trasparenze volute da Richard Meier per questa sorgente di luce e verità.

«In un’epoca di caos e di conflitti – ha dichiarato il progettista – responsabilità dell’architetto è creare un senso di ordine, un senso di spazio e di relazione». E non c’è dubbio che in quest’opera il risultato sia stato raggiunto, dopo cinque anni di sforzi ed un ritardo dovuto alla grandezza e all’originalità del progetto: 2.600 tonnellate di inerti ricavati dalla macinazione del marmo bianco di Carrara, 600 tonnellate di cemento bianco TX, dotato di particelle fotocatalizzatori in grado di autopulire la superficie, 8 chilometri di cavi di acciaio, 23.000 ore di progettazione. E poi le vele dei record (26 metri la più alta), autoportanti, per la cui messa in opera è stata costruita una macchina apposita, alta ben 38 metri.

Alla fine la sfida è stata vinta, ed ora questo luogo di accoglienza e convocazione, in cui il cerchio della cupola rappresenta il firmamento e la pianta quadrata la terra con i suoi quattro elementi, ne attende un’altra più significativa: la partecipazione della comunità che l’ha tenuta a battesimo e che da ora in poi dovrà alimentarla con la propria fede. (di Francesco Lalli)

2 novembre 2003