La cooperazione è futuro

Dibattito in Vicariato alla luce della nuova legge approvata dal Parlamento. Il vice ministro Pistelli: «Abbiamo preso atto che la fotografia della situazione andava aggiornata». L’obiettivo: dare vita a politiche globali

Un vecchio luogo comune recita che non bisognerebbe sfamare le persone in difficoltà, ma insegnare loro a procurarsi il cibo da sole. Allo stesso modo, c’è chi pensa che la cooperazione internazionale impedisca ai Paesi in via di sviluppo di crescere, in sostanza di rimboccarsi le maniche e andare avanti. Luoghi comuni, appunto, che fanno però emergere una riflessione sul futuro della cooperazione internazionale in Italia, in particolare alla luce della nuova legge approvata lo scorso agosto dal Parlamento. Se ne è parlato sabato 8 novembre nel Palazzo del Vicariato, con il vice ministro agli Affari esteri e Cooperazione internazionale Lapo Pistelli, don Leonardo Di Mauro, direttore del Servizio Cei per gli interventi caritativi a favore dei Paesi in via di sviluppo, e Attilio Ascani, direttore della Focsiv (Federazione organismi cristiani servizio internazionale volontariato). L’occasione: il convegno su “Cooperazione, quale futuro”, organizzato del Centro diocesano per la cooperazione missionaria.

 «La legge che abbiamo cambiato di recente – ha spiegato Pistelli – ne ha sostituita una vecchia di 27 anni, che era comunque una buona legge. Abbiamo preso atto che la fotografia andava aggiornata, portando le cooperazioni in questo secolo. Sono cambiati i soggetti – ha spiegato – non solo Ong ma anche università, imprese sociali e privati. Abbiamo cambiato gli strumenti: una volta c’era solo “il dono” adesso ci sono finanziamenti pubblici attraverso, ad esempio, varie fonti filantropiche internazionali. Anche i principi sono cambiati, come quello della sostenibilità: se, ad esempio, andiamo in un Paese in via di sviluppo e costruiamo una serie di pozzi e poi spieghiamo alla gente del posto come funzionano e torniamo a casa, state certi che quei pozzi non saranno mai utilizzati. Se, invece, costruiamo i pozzi insieme a loro, se gli insegniamo il lavoro, allora, quando andremo via sapremo di aver lasciato qualcosa che sarà utilizzato e funzionerà per il benessere di quella comunità». Pistelli ha poi annunciato la creazione di un’agenzia della cooperazione che, presumibilmente, sarà attiva dal prossimo febbraio: «Sarà un organismo snello, non ministeriale, sarà una sorta di “braccio armato”, un struttura di servizio per tutto ciò che è cooperazione».

Progetti, volontari: la cooperazione è una rete di scambio, di cultura. Lo sa bene don Di Mauro, che dirige il servizio della Conferenza episcopale italiana che gestisce quella parte dei fondi dell’Otto per mille destinati agli interventi caritativi nei Paesi in via di sviluppo. «Quelli che approviamo sono progetti che mirano alla crescita della persona e della comunità – spiega -; tranne rare eccezioni, hanno tutti una funzione di start up, in grado poi di sostenersi da sole. Agiamo nell’ambito dell’alfabetizzazione di base, della formazione scolastica di ogni livello, forniamo sostegno alle comunità di rifugiati e minoranze etniche. Ci sono progetti per la formazione e la promozione della donna, per la formazione in campo sanitario, tecnico, agricolo, ambientale, economico e della comunicazione sociale. Dal 1990, anno di nascita, ad oggi abbiamo finanziato oltre 13mila progetti. Solo nell’ultimo anno ne sono stati presentati 985. L’Africa è il continente che ne fa più richiesta, in zone come Congo, Madagascar, Kenya. In America Latina è il Brasile il Paese dove agiamo di più, in particolare per il recupero dei ragazzi di strada. Nel 2013 a fare maggiormente richiesta dei fondi sono stati organismi religiosi missionari e laici, diocesi e Caritas locali. Abbiamo avuto anche qualche progetto pervenuto dalle Conferenze episcopali. Nessuno può farcela da solo – conclude -, è necessario cooperare, e per noi Chiesa non è solo un discorso di persone ma anche di scambio, per arricchirsi e rafforzare la propria identità».

«Bisogna partire dal fatto che la povertà esiste, persiste e resiste – dice Attilio Ascani, che con Focsiv unisce 72 Ong cattoliche e migliaia di volontari che lavorano nei Paesi del sud del mondo – ma con la differenza che ora si sta diffondendo anche nei Paesi a medio reddito, quindi diventa più complessa. Prima c’era un sud povero e un nord ricco; ora la situazione è più articolata ed è necessario affrontarla in maniera trasversale». E soprattutto, per Ascani, «c’è bisogno di un po’ di lungimiranza: ad esempio, ora gli Usa hanno messo in campo un miliardo di dollari per affrontare l’emergenza Ebola. Se li avessero messi a disposizione qualche anno fa per migliorare la situazione sanitaria in Liberia, forse oggi non ci sarebbe alcuna emergenza».

Quale futuro quindi per la cooperazione? «Deve trasformarsi in una politica globale – dice don Di Mauro – per garantire sicurezza sociale ad ogni essere del pianeta, per offrire una vita degna a tutti».

10 novembre 2014