La Chiesa di Roma in dialogo con i giornalisti
Nell’ambito del cammino sinodale, la “linea diretta” aperta da De Donatis: «Camminare insieme per intercettare voci che rischierebbero di restare inascoltate». Premio alla memoria a David Sassoli
La Chiesa di Roma “interroga” i giornalisti su cosa si aspettano dalla comunità ecclesiale. I professionisti della comunicazione rispondono. Ruoli invertiti ieri sera, 19 maggio, nella basilica di Santa Maria in Montesanto, la “Chiesa degli Artisti”, nell’incontro “La Chiesa in ascolto della città. Giornalisti e comunicatori nel cammino sinodale”, organizzato dall’Ufficio comunicazioni sociali del Vicariato di Roma, in vista della 56° Giornata mondiale delle comunicazioni sociali sul tema “Ascoltare con l’orecchio del cuore”, che sarà celebrata il 29 maggio. Ascoltare, ha evidenziato il cardinale vicario Angelo De Donatis, «è il primo indispensabile ingrediente del dialogo e della buona comunicazione. Non si comunica e non si fa buon giornalismo senza la capacità di ascoltare». Comunicare era l’imperativo di David Sassoli, giornalista ed ex presidente del Parlamento europeo morto l’11 gennaio scorso, alla cui memoria suor Teresa Braccio e suor Bruna Fregni, delle Figlie di San Paolo, hanno consegnato alla moglie Alessandra Vittorini il Premio Comunicazione e Cultura Paoline 2022. Sassoli diceva che «comunicare non è solo etica ma anche un dovere», ha ricordato Elisa Anzaldo, del Tg1. E «raccontare i temi sociali era la sua passione», ha aggiunto la moglie.
Dopo una breve introduzione di monsignor Walter Insero, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Roma e rettore della Chiesa degli Artisti, De Donatis ha aperto una “linea diretta” con i giornalisti invitandoli ad «aiutare la comunità ecclesiale a saper leggere la realtà e le criticità dei diversi quartieri della città», a camminare insieme per sostenere la Chiesa «nell’intercettare le voci, le storie e le esperienze di persone» che rischierebbero di restare inascoltate. Ha chiesto cosa si aspettano i giornalisti dalla comunità ecclesiale, che rapporto hanno con la Chiesa e cosa andrebbe migliorato. «In che modo la Chiesa di Roma – ha domandato – attraverso il Vicariato e le 336 parrocchie potrà rispondere alle sfide, ai problemi, alle emergenze presenti in città?».
Il primo a rispondere è stato il presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio Guido D’Ubaldo, giornalista sportivo, che, utilizzando la metafora calcistica, ha spiegato che «forse le parrocchie di Roma dovrebbero migliorare l’intesa tra i reparti e mostrare la stessa intensità e tempestività nei passaggi e negli inserimenti. A volte, altrimenti, passando da un quartiere all’altro, da un parroco all’altro, sembra di alternarsi tra opposte visioni di gioco, come quando si cambia scuola di pensiero e allenatore. Forse, le parrocchie dovrebbero allargare di più il gioco sulle fasce, includendo e valorizzando gli “esterni”. Affinché non diventino e si sentano “estranei”».
Moderata da Ester Palma del Corriere della Sera, la serata ha offerto a Andrea Monda, direttore de L’Osservatore Romano, l’occasione per annunciare il nuovo mensile “Osservatore di strada”, il cui primo numero uscirà il 29 giugno. «La domenica, in occasione della recita dell’Angelus, verrà distribuito dai poveri in piazza San Pietro. Sarà a offerta libera e il ricavato andrà in beneficienza, sempre per i poveri. Vogliamo renderli protagonisti non solo come diffusori ma anche come redattori, li stiamo coinvolgendo in redazione. Tanti hanno dei talenti che la vita ha penalizzato». Per Federica Angeli de La Repubblica, «la Chiesa deve ritrovare coraggio. Non bisogna attendere il ritorno dei ragazzi in chiesa, dobbiamo essere noi a sederci sui muretti con loro. È un lavoro che possiamo fare insieme, è il noi che può cambiare tutto». Parlando delle tante realtà che a Roma si prodigano per i più vulnerabili, Roberta Serdoz, caporedattore Tgr Lazio, ha osservato che «ci sono anche parrocchie silenti proprio in quartieri che hanno bisogno di ritrovare campetti di calcio» nei quali un tempo si faceva squadra. «Posti in cui ci si sentiva più liberi che a casa perché si era accolti e abbracciati da una comunità».
20 maggio 2022