La chiamata di Gesù, “provocazione” che non ammette calcoli

Antonio l’egiziano, archtipo di tutti i monaci d’Oriente e d’Occidente, e il suo “sì”, modello di una decisione nata dal desiderio sconfinato di rispondere all’amore con l’amore. Il momento iniziale della vita consacrata

Inizio questi miei brevi appuntamenti sulla Vita Consacrata richiamando uno dei testi fondanti di questa particolare forma di vita cristiana costituito dalla pagina del vangelo secondo Matteo (19, 16-22) che fu all’origine della scelta compiuta dall’archetipo di tutti i monaci di Oriente e di Occidente: Sant’Antonio il grande, che visse tra le seconda metà del III secolo cristiano e la prima metà del IV.

Si racconta che Antonio, unico figlio maschio di una famiglia benestante di Alessandria di Egitto, entrando, all’età di circa vent’anni, una domenica in chiesa per le celebrazioni domenicali, ascoltò il brano in cui il Vangelo secondo Matteo parla dell’incontro di Gesù con un giovane ricco e onesto suo contemporaneo. Quel giovane di cui parlava l’evangelista era talmente puro e semplice di cuore che Gesù se ne innamorò, gli dichiarò formalmente il suo amore e gli chiese di lasciar perdere tutto ciò che possedeva, di doti materiali e morali, e di seguire Lui.

L’evangelista notava anche che il ragazzo fu scosso dall’invito di Gesù, anzi ne fu proprio sconvolto. Era venuto da Gesù per ricevere un chiarimento su come fare per ereditare la vita eterna, dal momento che non si sentiva sufficientemente appagato dall’eredità dei propri genitori, e adesso si era sentito dire di lasciar perdere completamente pensieri di questo tipo, magari vendendo tutto e regalandolo ai poveri, per affidarsi totalmente all’amore. Una richiesta che andava assolutamente oltre tutte le sue buone intenzioni. Lui cercava soltanto una vita tranquilla senza troppi scossoni, ma senza perdere la vita eterna!

Stava cercando infatti dentro di sé come fare ad essere simultaneamente erede dei propri genitori ed erede di Dio, ma adesso si sentiva dire che non si trattava tanto di trovare questa simultaneità, quanto piuttosto di scegliere senza tanti giochetti quale delle due eredità gli stava più a cuore. Quel maestro buono, di nome Gesù, stava cercando di fargli capire invece che «non è possibile servire a due padroni» e dunque che, avendo scelto di incontrarsi con Lui, doveva decidersi sull’istante da che parte stare, provocandolo inaspettatamente addirittura con una pubblica dichiarazione d’amore come lo scoccare del fulmine di un innamoramento.

No. Per lui questo era troppo.

Qualunque persona “equilibrata” avrebbe chiesto una sospensione: aspetta, dammi il tempo di capire se mi conviene o meno aderire a questo improvviso e incandescente invito a rispondere alla tua dichiarazione d’amore.

“Se mi conviene o meno”? No. Non era in questione la convenienza o meno, ma era in gioco il coraggio e la generosità di decidersi per un “sì” senza condizioni o per un “no”, qui, adesso! Un rischio grossissimo. E se poi sbaglio tutto?

E così quel giovane, sconvolto per una richiesta che non si aspettava, fuggì in preda alla tristezza. Proprio lui che era corso incontro a Gesù con tanta gioia nel cuore! Un cambiamento drammatico. Si era aspettato di incontrare un maestro “equilibrato” e si era trovato di fronte ad un amante spasimante ed estremamente esigente.

No. Questo era davvero troppo per lui. Non poteva fare a meno di provare una tristezza amara e profonda che proveniva dal cuore, ma non se la sentiva proprio, assolutamente, di rispondere su due piedi, subito, senza prendere tempo, all’amore con l’amore. Ma, mentre si allontanava dal maestro, adesso si ritrovava però – e non poteva fare a meno di ammetterlo – tremendamente vuoto nonostante tutte le ricchezze economiche e morali ereditate dai suoi genitori. E tuttavia non se la sentì affatto di tornare indietro.

L’evangelista fa notare che anche Gesù era stato colto da una infinita tristezza dopo quel rifiuto ed era sbottato: «Quanto è difficile che un ricco, e ricco in tutti i sensi, possa accogliere l’invito di fare spazio generoso, nel proprio cuore, al Regno di Dio»!

Antonio l’egiziano avvertì subito che quella pagina evangelica lo interpellava personalmente. Quella pagina stava parlando direttamente a lui e decise subito di non tergiversare come quel giovane descritto da Matteo. Uscì immediatamente dalla chiesa, mise all’incanto tutti i suoi possedimenti, vendette tutto, dando la parte che spettava a sua sorella, distribuì il ricavato ai poveri e corse verso il deserto per rispondere con la massima generosità possibile alla provocazione dell’amore: non intendeva anteporre nulla, assolutamente nulla, all’amore di Cristo. E incontrò un anziano, che accettò di insegnargli l’abc della sequela radicale di Cristo e del suo vangelo

Ecco, quando penso alla mia chiamata personale, avvertita in tempi molto precoci, penso semplicemente a questo. Ebbi la grazia di scegliere, senza neppure rendermi conto fino in fondo di quel che decidevo di fare della mia vita. Ma era una decisione che nasceva in me da un desiderio sconfinato di rispondere all’amore da cui mi sentivo amato, soprattutto dopo la prima Comunione, da non sentirmi appagato se non rispondendo con altrettanto amore all’amore che mi rendeva così felice da non poter desiderare altro per la mia vita. E anche adesso, all’età di settanta anni, posso dire di non aver mai smesso di godere e di essere riconoscente al Signore per quella chiamata e per quella impensabile risposta, che orientarono, da quel momento in poi tutta la mia vita, nonostante le integrazioni necessarie e il continuo rinnovarsi in me di quella decisione iniziale. Quando mi parlano di vita consacrata non riesco a pensare anzitutto, ancora oggi, a questo momento iniziale della mia scelta. E forse come me tanti altri.

1° dicembre 2014