La centralità della persona, “antidoto” al populismo

A San Pio X alla Balduina, l’incontro con l’arcivescovo Fisichella e il costituzionalista Amato. Il monito ai giovani: «Siate partecipi dei principi della Costituzione»

La “persona” è per sua stessa natura “relazione”. È stata l’analisi relativa a questo legame intrinseco tra l’uomo e il suo essere socievole e sociale il fulcro del primo incontro del “Progetto Persona”, promosso dalla parrocchia San Pio X alla Balduina, che ha avuto luogo ieri sera, 28 novembre, negli spazi del rinnovato auditorium. Un percorso formativo nato «per aiutare i giovani a pensare e a sognare e per comprendere insieme i valori cristiani», come ha spiegato nel suo saluto iniziale il parroco don Andrea Celli.

A guidare nella riflessione il pubblico numeroso e in particolare i 150 giovani presenti, l’arcivescovo Rino Fisichella e Giuliano Amato, giurista costituzionalista, già presidente del Consiglio oltre che presidente emerito della Corte costituzionale, che si sono confrontati sul tema “Tra Spirito e realtà. La persona al servizio della collettività”. Entrambi i relatori hanno guardato in primo luogo alle radici – etimologiche e filosofiche – del concetto di “persona”, per argomentare il loro pensiero. Fisichella, in particolare, ha sottolineato «l’apporto dato dall’originalità del cristianesimo alla cultura universale», notando che «se noi oggi abbiamo il concetto di persona inteso come relazionalità è grazie alla fede cristiana» poiché «è già con i primi cristiani, che davano il Battesimo “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, che via via si manifesta il concetto di relazionalità» legato alla fede in «un Dio che ha in sé tre diverse realtà, tra loro in relazione». Per questo, ha proseguito il presule, «il concetto di persona è nato innanzitutto in ambito teologico e due capisaldi del pensiero in questo senso sono stati nel III secolo Tertulliano e Basilio» mentre «la grande svolta del pensiero c’è stata con sant’Agostino, nel IV secolo, che sviluppa il concetto di “persona” non a caso nel “De Trinitate”».

Il presule ha chiarito come proprio «dal IV secolo comincia a svilupparsi una rivoluzione all’interno del pensiero teologico ma anche in quello profano» perché «si comincia a parlare di Dio in riferimento all’uomo, mentre prima lo si poneva in relazione unicamente con la Creazione». C’è quindi «l’uomo posto davanti alla Trinità, che è relazionalità – sono ancora le parole dell’arcivescovo -, in grado quindi di cogliere la relazione con sé stesso, perché deve comprendere chi è e che progetto di vita ha, poi con gli altri e infine con Dio, e questa è la dimensione spirituale». Dal tema della persona «che vuole capire chi è», Fisichella è poi passato a riflettere su come «la persona è mistero a se stessa», sottolineando che «quella del mistero è una dimensione da riscoprire» in chiave cristiana, laddove «non è ciò che non si capisce e che sfugge alla ragione, come è stato inteso dal razionalismo in poi, ma ciò che ci viene rivelato e fatto conoscere da Dio, come ci insegna la Sacra Scrittura». Da qui, ha concluso Fisichella, l’importanza di sviluppare la riflessione, recuperando il senso e il significato profondo delle parole e dei concetti, per «non accontentarsi di una verità parziale e frammentaria, che assume l’effimero come valore».

Della centralità della “persona” come «valore assoluto» ha trattato anche Giuliano Amato nel suo intervento, andando alle radici del Personalismo, il movimento storico-culturale nato in Francia nella prima metà del Novecento, che il giurista ha collegato al valore e al senso della fede cristiana, «che si accorge di chi mi è accanto», plaudendo anche «al grande serbatoio di progetti e di vita che è il Terzo settore». Notando come nel contesto attuale «la politica fatica a trovare soluzioni comuni, in cui tutti riescano a riconoscersi», Amato ha richiamato il lavoro svolto nel 1946 dall’Assemblea costituente, «formata da 556 persone che avevano idee diverse perché provenivano da culture profondamente diverse» ma che furono in grado, «con grande senso di responsabilità, di trovare un accordo su quella che è oggi la nostra Costituzione», a dire «la positiva e maggiore capacità relazionale di allora e che oggi spesso manca».

Ciò che c’era alla base e che, per Amato, favorì il confronto proficuo, «era la cultura del personalismo», cioè i padri costituenti «avevano messo a fuoco questo elemento essenziale: ciascuno si sviluppa attraverso la relazione con gli altri». Da qui la conclusione del giurista: «Una società riesce a esistere se riconosce gli altri e le loro esigenze» perché «è la relazionalità che attiene allo sviluppo della persona, fin dai primi mesi di vita, e anche dei talenti che ognuno ha dentro di sé, che solo attraverso gli altri prendono corpo». Il personalismo, allora, in contrapposizione all’individualismo, ha concluso Amato, «ci dice che la persona viene prima dello Stato e che ciò che il singolo fa con gli altri concorre a dare senso alla vita stessa dello Stato». Infine un monito ai più giovani affinché siano «partecipi dei principi della Costituzione» per contrastare «il populismo, che si fonda sull’attribuzione dei mali a un nemico, come può essere lo straniero o chi ha la pelle di un colore diverso», perché «con questa concezione che emargina il nemico si perviene alla radicalizzazione, che comporta a sua volta una società frammentata e rende fragile il tessuto della società in cui viviamo».

29 novembre 2022