La “casa” di don Andrea

Il corpo di don Santoro traslato nella parrocchia dei Santi Fabiano e Venanzio, di cui fu parroco. Il messaggio di Papa Francesco: un sacerdote «amato e indimenticabile». De Donatis: «Ci invita a non avere paura di dare la vita per il Vangelo». Feroci: «Torna dopo un lungo viaggio»

La cerimonia di traslazione del corpo di don Andrea Santoro nella chiesa parrocchiale dei Santi Fabiano e Venanzio, dove fu «amato e indimenticabile» parroco dal 1994 al 2000, «susciti nel cuore di altrettanti pastori della Chiesa il medesimo spirito di donazione della propria esistenza, nonché un rinnovato impegno di ciascuno nella testimonianza dei valori evangelici della pace e della libertà». È l’auspicio di Papa Francesco che venerdì 2 dicembre è stato «spiritualmente presente» alla celebrazione nella parrocchia di via Terni. In un messaggio firmato dal segretario di Stato il cardinale Pietro Parolin, Bergoglio ha ricordato «l’esemplare sacerdote e infaticabile annunciatore del Vangelo, dell’amore e della fratellanza».

Una pioggia battente ha segnato l’arrivo del feretro nell’ultima chiesa romana guidata da don Andrea prima di trasferirsi come fidei donum in Turchia, dove fu ucciso il 5 febbraio 2006. Ad accoglierlo, il cardinale Enrico Feroci e le sorelle Maddalena e Imelda Santoro, quest’ultima «molto commossa e felice. Sono stati i parrocchiani a volere che fosse tumulato qui a riprova di quanto bene ha fatto per loro». Sui volti dei fedeli, la gioia di riabbracciare «un amico che ritorna a casa dopo un lungo viaggio», ha detto il porporato che ha accompagnato ai piedi dell’altare la bara sulla quale sono stati posizionati la Bibbia, la stola e la casula viola. La recita del Rosario, la celebrazione eucaristica e una veglia, i tre momenti di preghiera che hanno segnato il ritorno “a casa” di don Santoro, caratterizzati dalla lettura di alcuni scritti del sacerdote di «tanti anni fa e che oggi risuonano in maniera particolare nelle nostre orecchie e nel nostro cuore – ha detto Feroci -. Parole che oggi ci ripete con maggiore verità e autenticità».

Per la comunità dei Santi Fabiano e Venanzio si è trattato di «una giornata di grazia, una festa di famiglia», ha affermato il cardinale vicario Angelo De Donatis, che ha presieduto la celebrazione eucaristica concelebrata da numerosi sacerdoti e dal vescovo ausiliare della diocesi Benoni Ambarus. Il «momento tragico e inaspettato» dell’omicidio di don Andrea è stato «in realtà il suo primo ritorno a casa – ha proseguito nell’omelia -. In quel momento è entrato nella Casa del Padre con la consapevolezza di un uomo credente, con la passione di un sacerdote fedele, con l’umiltà di un servo inutile. Ora dal cielo ci invita a non aver paura di dare la vita per il Vangelo». La traslazione del corpo di don Andrea che «sulla terra è stato strumento di grazia, di relazioni, di amicizia, di paternità, di fraternità», richiama i fedeli alla vita «di lassù», ha detto ancora il vicario del Papa per la diocesi di Roma. Il Vangelo del venerdì della prima settimana di Avvento proponeva la guarigione di due ciechi che si sostenevano a vicenda e insieme seguirono e chiesero aiuto a Gesù. A tal proposito il cardinale ha ricordato che don Santoro «ha sempre insegnato a camminare insieme e anche quando alcune sue scelte sembravano coinvolgere solo lui, il suo sguardo era sempre per gli altri e con gli altri. Sapeva che in Turchia la sola presenza di un sacerdote poteva essere, come è stata, una presenza che donava amicizia, fraternità e attenzione. Don Andrea – le parole di De Donatis – ci ha insegnato che se si chiede di passare dalla cecità del cuore alla luce della fede occorre farlo insieme, sacerdote e laici, compaesani e stranieri, oriente e occidente». Infine dal cardinale l’auspicio che la testimonianza di don Andrea «contribuisca alla comunione, sempre minacciata, nella Chiesa».

Durante la veglia don Marco Vianello, oggi parroco a San Frumenzio ma che alla fine degli anni ‘90 era vice parroco di don Andrea ai Santi Fabiano e Venanzio, ha affermato che Santoro è stato per molti, compreso lui, «una di quelle figure che ha lasciato il segno anche nel modo di essere prete e parroco in questa bella e complessa Chiesa di Roma». Ha quindi ringraziato il sacerdote per aver «fatto sperimentare già alla fine degli anni ’90 cosa vuol dire essere “Chiesa in uscita”», per il suo «amore per la Chiesa di Roma», e per aver testimoniato «lo spirito di servizio che anima i discepoli di Gesù». Per il parroco dei Santi Fabiano e Venanzio don Fabio Fasciani, si tratta di «eredità importanti che ora dobbiamo fare nostre». Il diacono Marcello Ciampi, la cui vocazione è nata con don Andrea, ha letto una lettera indirizzata ai fedeli dei Santi Fabiano e Venanzio per il dono di avere con loro il sacerdote. Un pastore che per Matteo, tornato a frequentare la Chiesa dopo una confessione con don Santoro, era «generoso ed esigente, paterno ma se il caso anche severo». Sabato mattina, 3 febbraio, il corpo è stato tumulato ai piedi del Crocifisso davanti al quale don Santoro era solito fermarsi in preghiera.

5 dicembre 2022