La carovana dei migranti honduregni nello Stato messicano dell’Oaxaca

Forte rete di accoglienza gestita dalla Chiesa. Le organizzazioni riunite nella rete Clamor: «Siano rispettati i loro diritti e non restino vittime di maltrattamenti, violenza e criminalizzazione». I vescovi accanto ai volontari

«La mobilità umana deve essere considerata un diritto fondamentale, ragion per cui condanniamo qualsiasi forma di criminalizzazione e violenza contro le persone che emigrano». Le organizzazioni della Chiesa cattolica di America latina e Caraibi che si occupano di migrazioni, rifugiati e tratta di persone riunite nella rete “Clamor” – a sua volta collegata al Dipartimento giustizia e solidarietà (Dejusol) del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) – affidano a una nota stampa il loro appello sulla carovana dei migranti che si è messa in moto dall’Honduras. Coloro che partono dai Paesi del Centroamerica e attraversano il Messico, a partire proprio dalla carovana dei migranti honduregni, spiegano, si vedono costrette a fuggire «dall’impoverimento, dall’esclusione, dalle diseguaglianze sociali, dall’aumento dell’insicurezza nelle città, a causa dell’azione di gruppi criminali organizzati e per la sfiducia nelle istituzioni».

Da qui una serie di richieste ai governi nel cui territorio  transita la carovana, al momento giunta nello Stato messicano di Oaxaca. Tra queste, il rispetto «dell’integrità fisica, emotiva e psicologica delle persone che migrano»; la necessità di tenere in considerazione la particolarità di ogni persona e soprattutto delle categorie più vulnerabili; la promozione di iniziative «per proteggere i loro diritti e difenderli da qualsiasi forma di violenza, abuso o sfruttamento»; la richiesta di garantire una migrazione «sicura e ordinata». In particolare, al presidente messicano ancora in carica Henrique Pena Nieto si chiede di operare perché i migranti della carovana «non restino vittime di maltrattamenti, violenza e criminalizzazione» e alla popolazione dei Paesi attraversati viene rivolto un appello a mostrare accoglienza e solidarietà, evitando qualsiasi forma di discriminazione.

La rete Clamor si unisce quindi alle richieste presentate da diverse organizzazioni alla Commissione interamericana dei diritti umani (Cidh) «di assegnare misure cautelari a favore delle persone e delle famiglie che compongono la Carovana dei migranti centroamericani e delle persone che li assistono nel loro cammino». Nel documento, infine, un ringraziamento alle comunità parrocchiali, alle congregazioni religiose, alle Caritas, per l’accoglienza, la solidarietà e l’attenzione umanitaria che stanno mettendo in atto, insieme all’invito ai fedeli che vivono lungo il percorso della carovana a collaborare con le Case del Migrante e con le parrocchie.

Al confine tra Chiapas e Oaxaca – dove è giunta nell’ultimo fine settimana di ottobre – la carovana era stata inizialmente bloccata dalla polizia ma alla fine quasi tutti i migranti in cammino sono passati e hanno proseguito il viaggio fino a Tapanatepec, continuando a seguire la rotta costiera. Prossime tappe saranno Juchitán de Zaragoza e Tahuantepec, prima di abbandonare la rotta costiera e salire verso le città di Oaxaca e, successivamente, Puebla. Questa la rotta decisa dai leader della carovana, che venerdì 26 ottobre hanno emesso un comunicato nel quale formulano alcune precise richieste: la libertà di circolazione in Messico per i centroamericani, senza l’esigenza del visto, così come accade per i messicani che si spostano nel Centroamerica; la possibilità di ricevere permessi di lavoro per coloro, tra i componenti della carovana, che decideranno di fermarsi in Messico; informazioni attendibili sulle procedure per ottenere lo status di rifugiato.

Come nel Chiapas, anche nell’Oaxaca a garantire loro accoglienza è anzitutto la chiesa. «Tutte le parrocchie della diocesi si sono organizzate per l’accoglienza e la raccolta di aiuti – riferisce padre José Leonides Oliva, incaricato della Pastorale sociale dell’arcidiocesi di Tehuantepec -. Anche il vescovo e l’emerito sono stati tra la gente e hanno accompagnato i volontari e aiutato nella distribuzione dei pasti». Quanto all’andamento della marcia, il sacerdote conferma che «dopo i problemi avuti al confine, essa sta proseguendo, anche se lentamente. Difficile dare dei numeri ma ci sono tante donne con bambini. Noi stiamo facendo il massimo perché l’accoglienza, che è completamente sulle nostre spalle, si svolga nel migliore dei modi».

29 ottobre 2018