La cardiologia interventistica, dalla diagnosi alla terapia

L’evoluzione consente di trattare pazienti estremamente complessi senza dover ricorrere alla cardiochirurgia. Le novità delle più moderne tecniche

La cardiologia interventistica è evoluta trasformandosi da branca puramente diagnostica, deputata all’identificazione delle cardiopatie da operare chirurgicamente, ad un insieme di tecniche terapeutiche estremamente varie ma accomunate dall’essere effettuate attraverso la navigazione di vasi arteriosi e venosi sotto guida radiologica.

Le procedure di interventistica coronarica (angioplastica) hanno progressivamente rivoluzionato il trattamento della cardiopatia ischemica. Grazie a un significativo miglioramento delle tecnologie disponibili, la dilatazione dei restringimenti (stenosi) delle arterie coronariche è basata sull’impianto di piccole protesi metalliche in grado di interagire con la parete vasale mediante il rilascio locale di farmaci (“stent medicati”). Ad oggi, la maggior parte dei centri di cardiologia interventistica sono organizzati in modo da offrire l’esecuzione di coronarografie ed angioplastiche coronariche non solo durante le ore diurne, ma anche di notte e nei week-end in urgenza in pazienti con infarto miocardico acuto.

La precisione con cui vengono identificate le stenosi coronariche necessitanti trattamento si giova di metodiche che consentono di valutare in maniera estremamente dettagliata sia il flusso di sangue attraverso la zona ristretta (tecniche di valutazione funzionale) sia la specifica morfologia delle placche che causano il restringimento stesso (tecniche di “imaging” coronarico).

Negli ospedali più grandi, vengono spesso eseguite angioplastiche coronariche in pazienti con malattia coronarica estremamente complessa e con forme avanzate di compromissione della funzione del cuore. In questi pazienti, è possibile impiegare sistemi di assistenza cardiaca percutanea, delle vere e proprie pompe, che in modo mini-invasivo supportano la funzione cardiaca e permettono di incrementare in maniera efficace la tollerabilità dell’angioplastica coronarica anche in situazioni di rischio estremo quali l’insufficienza cardiaca acuta.

La cardiologia interventistica è molto cambiata, oggi siamo in grado di trattare senza dover ricorrere alla cardiochirurgia pazienti estremamente complessi. Ma per trattarli efficacemente abbiamo dovuto ampliare le tecniche per trattare in maniera “endovascolare” le diverse manifestazioni dell’aterosclerosi. Nel nostro ospedale, le decisioni circa la modalità di gestire i pazienti più complessi vengono prese collegialmente da un gruppo di medici con diverse competenze (Heart-Team), e spesso più interventi combinati sono necessari per garantire un corretto trattamento per pazienti, frequentemente anziani e con molte comorbidità, con aterosclerosi che interessa non solo il cuore, ma anche le arterie cerebrali e delle gambe.

Accanto alla problematica della cardiopatia ischemica, i cardiologi interventisti dei centri più attrezzati eseguono in maniera crescente interventi attraverso cateteri (in anestesia locale e senza incisione chirurgica) in grado di risolvere malattie cardiache congenite e delle valvole cardiache. Questa branca si chiama cardiologia interventistica “strutturale” e sta andando incontro ad uno sviluppo sorprendente.

Oggi, con le moderne tecniche transcatetere, siamo in grado di impiantare protesi per riparare difetti, congeniti o acquisiti, delle pareti cardiache e per ripristinare il corretto funzionamento delle principali valvole del cuore senza dover ricorrere ad incisioni nel torace ma con una semplice puntura arteriosa e nella maggior parte dei casi in anestesia locale. Non avrei mai immaginato di arrivare a fare quello che facciamo adesso quando ho cominciato a lavorare in questo settore della cardiologia (Carlo Trani, responsabile della Uosa di Cardiologia interventistica)

 

3 dicembre 2018