La caduta del muro di Berlino e il ruolo di Giovanni Paolo II

La riflessione del cardinale Dziwisz, già segretario particolare del Papa polacco: la sua arma, «l’annuncio della verità su Dio e sull’uomo». L’incontro col cancelliere Kohl

La caduta del muro di Berlino, 30 anni fa, come il «coronamento della lotta pacifica per la liberazione dal giogo del totalitarismo comunista che, privando i popoli della loro libertà e sovranità, aveva diviso l’Europa in blocchi antagonisti». Parte da qui la riflessione del cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo emerito di Cracovia e già segretario particolare di Giovanni Paolo II, sui fatti di quel 9 novembre 1989 e sul cambiamento storico che da quei fatti nacque, nel quale «il ruolo di Giovanni Paolo II fu impareggiabile», osserva.

Per il porporato, l’arma di cui si è servito il pontefice, egli stesso proveniente da un Paese del blocco sovietico, è stata «l’annuncio della verità su Dio e sull’uomo, la preghiera e una fiducia profonda nel Signore». Il cardinale ricorda anche l’incontro tra il pontefice polacco e il cancelliere tedesco Helmut Kohl, nel giugno 1996, quando entrambi attraversarono a Berlino la Porta di Brandeburgo, invalicabile prima della caduta del Muro. Wojtyla in quell’occasione ha pronunciato parole importanti, evidenzia il cardinale, relative alla libertà «che richiede accortezza e coraggio di fronte al rischio da parte di forze interne ed esterne» ma che «ci è data per edificare la civiltà dell’amore».

Nella riflessione del cardinale Dziwisz anche un’altra osservazione: «Ringraziando la Provvidenza per il dono della libertà e della sovranità riavute trent’anni or sono, per il dono di un’Europa sempre più unita, le parole del santo pontefice polacco vanno ricordate specialmente nel contesto dei problemi che quotidianamente dobbiamo fronteggiare».

13 novembre 2019