Krajewski: «Don Roberto è morto, quindi vive»

L’elemosiniere pontificio a Como, alla Messa in suffragio di don Malgesini, ucciso da un uomo senza dimora. «Bacerò le mani dei genitori in nome del Papa»

Sabato mattina, 19 settembre, la comunità ecclesiale di Como si è ritrovata nella cattedrale, stretta intorno al vescovo Oscar Cantoni, per la Messa in suffragio di don Roberto Malgesini, ucciso pochi giorni prima, il 15 settembre, in strada, all’alba, da un uomo senza fissa dimora con gravi problemi psichici, che conosceva e che aveva già aiutato più volte. Intervenuto a portare il cordoglio di Francesco anche il cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio, che ha presieduto la celebrazione. «Papa Francesco è con noi – ha detto al termine – e si unisce al dolore dei familiari di don Roberto, si unisce ai fedeli della sua parrocchia, ai fratelli bisognosi, che ha servito fino all’ultima mattina e a tutta la Comunità comasca».

Alle 500 persone che hanno potuto entrare in chiesa e alle altre che hanno seguito la Messa dai tre maxi schermi allestiti nelle piazze adiacenti, per permettere a tutti di partecipare a questo momento di vita comunitaria, don Konrad ha ricordato che «don Roberto è morto, quindi vive. L’amore, infatti, non muore mai, neppure con la morte. La pagina del Vangelo che noi spesso leggiamo e che don Roberto ci ricorda proprio oggi, quella pagina che non si può strappare mai dal Vangelo ci ricorda che “non c’è amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). I poveri – ha osservato – erano gli amici di don Roberto. Non si può essere cristiani fino in fondo se questa pagina non è fatta nostra».

Una vita «consumata fino al dono totale di sé». Così il vescovo Cantoni ha raccontato, nell’omelia, la storia di don Malgesini. «Condividiamo – ha detto – il dolore per la tragica morte di don Roberto ma nello stesso tempo ci rendiamo conto che il suo sacrificio d’amore spalanca alla Chiesa e a tutta la società la possibilità di una straordinaria, inimmaginabile fecondità, che tocca a noi tutti però sviluppare con determinato coraggio evangelico, perché l’esempio di don Roberto non sia vano». Con uno «stile di sapore evangelico», uno «speciale tocco di delicatezza», don Roberto «serviva i poveri ogni giorno, con una serenità e una semplicità davvero invidiabile», ha sottolineato, ricordando dove tutto trovava alimento: la «fedeltà nella preghiera», a cui don Roberto dava lungo spazio prima di iniziare il suo servizio. Quindi l’auspicio per la sua comunità, a cominciare dai moltissimi giovani che condividevano con don Roberto l’impegno verso i poveri: «Il Signore conceda a noi tutti di continuare l’opera di misericordia che don Roberto ci ha abbondantemente testimoniato con la sua vita».

Per tutti i volontari e «per i bisognosi di don Roberto» il cardinale Krajewski ha portato in dono i rosari, da parte del Papa. «Anche per quell’uomo sfortunato che sta in carcere – ha aggiunto -. Chiedo alle autorità di portarglielo, perché io non posso andarci». Un pensiero speciale, infine, per la mamma e il papà del sacerdote. «Ho portato da parte del Santo Padre una corona di rosario particolare, in perla, per i genitori di don Roberto, che non potevano venire – ha detto l’elemosiniere, rivolto ai fratelli e alla sorella del sacerdote, seduti in prima fila -. Dopo la celebrazione andrò al loro paese a portarla ai genitori e a baciare le loro mani a nome del Santo Padre». Al termine della celebrazione poi il cardinale, insieme al vescovo Cantoni, si è recato a San Rocco nel luogo dove don Malgesini è stato ucciso per un momento privato di preghiera.

21 settembre 2020