Ivan Pavletić, una fede vissuta senza riserve

Conclusa la fase diocesana della causa di beatificazione del religioso dei Figli dell’Immacolata Concezione nato in Croazia e morto a soli 33 anni nel 1897 a Roma

La «tensione spirituale verso Dio» e la fede vissuta «senza riserve», affidandosi «per scelta e per amore ad un Altro, vivendo da santo nella visione di Dio», fanno di Ivan Bonifacio Pavletić, religioso della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, un modello e «un esempio per tanti che faticano a trovare – in una società che promuove l’oggi e perde di vista la visione del futuro – la loro strada, e soprattutto per i giovani» a motivo anche della «sua perseveranza nei valori cristiani».

Sono questi alcuni dei tratti che monsignor Giuseppe D’Alonzo, delegato dal cardinale vicario Angelo De Donatis, ha messo in luce nella mattina di oggi, 10 marzo, presiedendo la sessione di chiusura dell’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù eroiche e la fama di santità e di segni di padre Pavletić, nella Sala della Conciliazione del Palazzo Apostolico Lateranense. Il Tribunale era costituito, oltre a D’Alonzo, da monsignor Francesco Maria Tasciotti, delegato episcopale, don Andrea De Matteis, promotore di giustizia, Francesco Allegrini, notaio aggiunto, e Marcello Terramani, notaio attuario, che ha dato lettura degli atti della 80ma sessione, e ultima, del processo, sigillando con il timbro del Tribunale «sia gli atti autografi, sia quelli in transunto, ritenuti integri e autentici» per affidarli al postulatore della causa di beatificazione Paolo Vilotta, «affinché li consegni al Dicastero delle cause dei santi».

Padre Giuseppe Pusceddu, vicario generale della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, cui padre Pavletić si consacrò nel 1887, ha messo in luce del «giovane testimone del Vangelo che è per noi un dono straordinario» l’avere «vissuto la virtù nella quotidianità».

Nato in Croazia nel 1864, padre Pavletić visse la radicalità evangelica a Roma, dove nel 1897 morì a soli 33 anni di tubercolosi. Risiedeva in piazza Mastai, a Trastevere, e prestava servizio nell’ospedale di Santo Spirito in Sassia come calzolaio e come assistente dei malati. Dall’ottobre del 1890 operò anche nell’orfanotrofio di Saronno come operaio calzolaio e maestro degli orfani ma nell’aprile del 1892 Pavletić tornò a Roma e fu nominato vice maestro dei novizi. Nel marzo del 1896 l’emissione dei voti perpetui. Tutti gli anni di servizio nella congregazione furono accompagnati dalla malattia polmonare laringea, che lo privò pian piano dell’uso della parola a tal punto da fargli annotare nel suo diario: «Il pregare con la bocca mi dà gran fastidio, pregherò con il cuore». Sabato 30 ottobre 1897 il Servo di Dio fece l’ultima confessione e giovedì 4 novembre morì. Venne sepolto al Verano, nella tomba della congregazione, ma nel 2008 è avvenuta la traslazione del suo corpo nella chiesa della Casa generalizia dei Figli dell’Immacolata Concezione.

10 marzo 2023