“Italiani nel mondo”, tra partenze e ritorni

Presentata la 18ª edizione del Rapporto di Fondazione Migrantes, alla presenza, tra gli altri, del presidente Cei Zuppi. Il messaggio di Mattarella: «Lavorare all’estero, scelta libera, non obbligo di fatto». Il Lazio al secondo posto per numero di persone rientrate dall’estero

Sono quasi 6 milioni gli italiani nel mondo, praticamente il 10% della popolazione residente nel nostro Paese, ma quelli andati all’estero per espatrio – 82mila italiani nel 2022 – sono in diminuzione rispetto all’anno precedente e soprattutto per la prima volta nella storia sono meno gli italiani espatriati in un anno rispetto ai connazionali nati fuori dall’Italia nello stesso arco di tempo, ovvero quasi 91mila.

È il quadro generale che emerge dal “Rapporto italiani nel mondo”, della Fondazione Migrantes, presentato questa mattina, 8 novembre, al Centro Congressi del TH Roma Carpegna Palace Hotel. Arrivato alla 18ª edizione, il Rapporto raccoglie le analisi e i dati sulla mobilità dall’Italia verso l’estero e sui ritorni nel nostro Paese, anno per anno ma anche nell’arco dell’ultimo decennio, presentati da Delfina Licata, sociologa delle migrazioni della Fondazione Migrantes  e curatrice del Rapporto, e dal presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli.

Dal cardinale presidente della Cei Matteo Zuppi è arrivato l’invito ad «andare alla radice dei fenomeni. Siamo chiamati – ha detto – a capire e far capire ai nostri giovani chi siamo ma soprattutto chi vogliamo essere “da grandi”». L’invito allora è a «partire da qui per capire perché molti espatriano, perché molti non ritornano, perché chi ritorna lo fa e come incentivare la presenza degli italiani nel nostro stesso Paese anziché scappare solo per problemi e non per semplice scelta». Per il presidente dei vescovi, «come Chiesa, politica, istituzioni, associazioni, siamo chiamati a fare scelte, anche coraggiose, per occuparci a fondo delle persone, non abbandonarle o trattarle solo come numeri».

Soprattutto sui giovani si è soffermato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel messaggio inviato alla presentazione del Rapporto. «Lavorare all’estero – ha osservato – è una grande opportunità di crescita umana e professionale e deve essere una scelta libera, non un obbligo di fatto». Se invece, «dopo un percorso formativo in Italia, si è costretti a lasciare il territorio nazionale per mancanza di occupazione o di soddisfacenti prospettive e, soprattutto, una volta acquisite preziose conoscenze ed esperienze, non si riesce più a tornare, si è di fronte a una patologia, alla quale bisogna porre rimedio». L’auspicio del capo dello Stato è di «individuare percorsi concreti per garantire a chi lo desidera il ritorno in Italia, in condizioni di lavoro soddisfacenti. È una sfida fondamentale che le istituzioni e la politica devono saper raccogliere. Per il futuro del nostro Paese – ha osservato – serve una visione nuova ed adeguata».

Nel dettaglio, i dati del Rapporto parlano di oltre un milione di espatri nel decennio 2012-2021, con soltanto poco più di 443mila rimpatri. Un trend costante, nonostante nel 2021 le uscite siano state soltanto 94mila, in forte calo rispetto all’anno precedente (-22%). Tra i luoghi di destinazione, l’Europa continua a essere la principale area, con ben l’83% degli espatri, mentre gli Stati Uniti sono il primo Paese non comunitario. Per quanto riguarda la provenienza di chi va via dall’Italia, i numeri, presi dagli iscritti all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) mostrano una netta prevalenza del Sud Italia (46,5%) rispetto a Centro, solo il 15,8%, e al Nord (37,8%).

Proprio i dati regionali costituiscono una parte importante del Rapporto, con statistiche che si focalizzano sul fenomeno opposto, ovvero quello degli italiani che fanno ritorno nel nostro Paese. Nel 2021 in tutta Italia sono tornati circa 75mila connazionali, con un forte incremento rispetto all’anno precedente (34%) e in aumento del 10% anche rispetto al periodo pre-pandemico. Età media: 35 anni. Il Lazio in particolare si caratterizza per «la sua grande forza magnetica per il rientro degli italiani dall’estero», si legge nel capitolo dedicato. Se è vero, infatti, che da una parte la popolazione laziale è diminuita soprattutto per il crollo delle nascite e l’aumento dei decessi, è altrettanto vero che la regione si attesta al secondo posto – dopo la Lombardia – per numero di italiani rientrati dall’estero tra il 2012 e il 2021, con ben 443.036 ritorni. Un trend positivo che ha avuto un particolare impulso soprattutto a partire dal 2019. Nei dieci anni presi in esame, inoltre, la città di Roma si è attestata tra le prime dieci posizioni per numero di rientri, assorbendone oltre 23mila. Questo, però, come spiega il Rapporto, «ha rivelato il profondo squilibrio territoriale a livello regionale, tra l’area metropolitana di Roma – protagonista della stragrande maggioranza dei rientri – e le zone più rurali e dell’entroterra laziale».

«Il diritto di migrare, di restare, di ritornare nelle propria terra sono tre facce dello stesso dilemma esistenziale che camminano insieme nella storia contemporanea e di questo dobbiamo tenere profondamente conto», ha commentato il vescovo  Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes e della Commissione Cei per le migrazioni. «Gli stessi italiani – ha affermato – nei loro processi di mobilità mai interrotti sembrano sempre più mossi dalla necessità e non dalla libertà di scegliere cosa fare, se partire o restare». Ecco perché il diciottesimo Rapporto «si è assunto il rischio di trattare uno degli argomenti meno dibattuti quando si parla di migrazione italiana oggi, ovvero appunto i ritorni». Per ovviare a questa vera e propria emergenza, dunque, secondo Perego le istituzioni, la politica e in primis la Chiesa «devono veicolare una cultura di riconoscimento e valorizzazione dei singoli e di nuove comunità dove arrivi e ritorno non sono problemi ma elementi generativi per dare nuovo vigore ai territori, alle persone, alle vite, alla democrazia».

Tra i presenti anche monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes, Paolo Pagliaro, direttore dell’agenzia 9Colonne che ha curato la presentazione, Mauro Magatti, sociologo ed economista dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e il direttore del Tg2 Antonio Preziosi che ha moderato l’evento. A portare i saluti istituzionali, anche Paolo Gentiloni, Commissario Ue per gli Affari economici e monetari, tramite un video, e Antonio Tajani, vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri e della cooperazione internazionale che, impegnato a Tokyo per il G7, ha affidato i suoi saluti al giornalista Davide Dionisi, inviato speciale del governo per la libertà religiosa.

8 novembre 2023