Israele e Hamas, Zuppi: «Due popoli Due Stati, soluzione che la comunità internazionale non può abbandonare»

Il presidente Cei, arcivescovo di Bologna, traccia un bilancio del pellegrinaggio diocesano di “pace e solidarietà” a Gerusalemme e Betlemme, chiuso il 16 giugno, a cui hanno partecipato 160 fedeli provenienti anche da altre città italiane

«”Due popoli Due Stati” è la soluzione che la comunità internazionale non può abbandonare. Il vero problema è la determinazione di quest’ultima nel perseguirla e sul come raggiungerla. La pace non la fanno solo gli attori belligeranti ma anche la comunità internazionale che deve impegnarsi nella ricerca di vie di negoziato». Lo dichiara il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, tracciando un bilancio del pellegrinaggio di “pace e solidarietà” in Terra Santa (Gerusalemme e Betlemme) a cui hanno partecipato 160 fedeli provenienti anche da diverse città italiane, organizzato con la “Petroniana viaggi” (13-16 giugno). Tra loro anche rappresentanti di Acli, Agesci, Associazione Papa Giovanni XXIII, Azione cattolica, Comunione e Liberazione, Comunità di Sant’Egidio, Focolari, Pax Christi, quest’ultima rappresentata dal suo presidente, l’arcivescovo Giovanni Ricchiuti. «Con questo pellegrinaggio – spiega – abbiamo voluto condividere la sofferenza ed essere vicini ai cristiani locali in un periodo così tragicamente segnato dal dolore. Abbiamo portato vicinanza, sostegno insieme alla preghiera, alla condivisione e all’intercessione perché questa sofferenza finisca presto per tutti».

«Il momento giusto». «Un pellegrinaggio alle pietre vive che custodiscono i luoghi santi di Gesù», lo definisce l’arcivescovo di Bologna, ricordando la fitta serie di incontri che hanno visto i pellegrini ascoltare le testimonianze di esponenti della società civile israeliana come Rachel Goldberg-Polin, madre di Hersh, uno degli ostaggi ancora in mano ad Hamas dal 7 ottobre 2023, o  Ysca Harani, ebrea osservante, docente di storia delle religioni e del Cristianesimo; di visitare, a Betlemme, luoghi di assistenza e formazione come il Charitas Baby Hospital, l’istituto Effatà per audiolesi, l’orfanotrofio la Crèche, la casa per bambini disabili Hogar de ninos, e visitare le piccole comunità cristiane dei villaggi (Ain Arik, Beit Sahour, Taybeh, Birzeit) della Cisgiordania, «di cui poco si parla dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre scorso le cui conseguenze pesano ulteriormente sulla vita della popolazione locale. Da loro – rimarca Zuppi – abbiamo ascoltato e capito la sofferenza che patiscono, le attese, le delusioni che stanno provando in questi mesi e non solo. Abbiamo ascoltato, condiviso e manifestato attenzione, interesse e vicinanza ai cristiani locali. Questo era il momento giusto per farlo, come ha riconosciuto il patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, che ha definito questo pellegrinaggio “un gesto coraggioso”. Sono felice dell’ampia partecipazione di pellegrini che sono il volto della Chiesa italiana che si è fatta presente in questa terra martoriata».

Come si sconfigge l’odio. Particolarmente toccanti, per il cardinale, le testimonianze di Rachel Goldberg-Poline e di Dani Miran madre e padre, rispettivamente di Hersh e di Omri Miran, due ostaggi ancora nelle mani di Hamas. «Questa madre che rifiuta di fare una classifica della sofferenza ci ha dato una grande lezione su come si sconfigge l’odio – ricorda Zuppi -. È l’esperienza di un amore che guarisce, consola e asciuga tutte le lacrime. Miran, il padre dell’altro ostaggio, ha voluto mostrare una foto del suo incontro con Papa Francesco confidandoci di aver visto negli occhi del pontefice quelli di suo padre. Questo mi ha molto toccato perché sta ad indicare che tutti possono vedere nella nostra vicinanza, attenzione e supporto, gli occhi di un padre, di una madre e di un fratello che condividono un dolore così grande. Ecco, io credo che la Chiesa debba avere i sentimenti di una madre, di un padre, di un fratello e farsi sempre più prossima a chi soffre». Certamente, aggiunge l’arcivescovo di Bologna, «abbiamo avuto modo di ascoltare anche la descrizione di una società israeliana polarizzata dove in molti pensano al proprio dolore. Questo rende necessario ritrovare motivi di speranza e spiragli di luce. Le parole insistenti di Papa Francesco sul coraggio di un cessate il fuoco e di un negoziato le abbiamo fatte nostre, in questo pellegrinaggio, sentendone tutta l’importanza».

La voce dei cristiani. La visita ad alcuni villaggi della Cisgiordania è stata l’occasione, per i pellegrini, di conoscere la realtà dell’occupazione militare israeliana attraverso la viva voce degli abitanti cristiani locali. «Questo dell’occupazione – dichiara Zuppi – è un punto da cui partire. Purtroppo se non c’è una prospettiva, una soluzione da perseguire, sarà difficile che si possa ritrovare la via della convivenza». In questo contesto «i cristiani di Terra Santa hanno un ruolo straordinario perché la loro presenza favorisce l’incontro proprio per la natura stessa del Cristianesimo che riconosce nell’altro sempre il prossimo. Il cammino da fare è lungo, va percorso con molta attenzione e fedeltà». Tuttavia, l’occupazione militare, la penuria di lavoro, la mancanza di un futuro stabile, «non fanno che alimentare l’esodo dei cristiani. L’emigrazione dei fedeli e il conseguente svuotamento della Terra Santa dei suoi abitanti originari – conclude il cardinale – è un rischio che non possiamo permetterci. Esprimere vicinanza spirituale e concreta alle comunità di Terra Santa è, dunque, ancora più necessario per aiutarli a non partire. È un nostro dovere e impegno da perseguire nel tempo». (Daniele Rocchi)

18 giugno 2024