Irlanda, la visione di Claire Keegan

In “Piccole cose da nulla” e “Un’estate”, lo sguardo dell’autrice si mantiene ravvicinato sulle persone e sugli ambienti attraversati, attraverso i quali risalta la purezza di cuore dei paladini della pace

Il padre e la madre, lo sappiamo, possono non essere soltanto quelli biologici; a volte anzi i cosiddetti affidatari, pronti a tappare i buchi aperti dai genitori naturali, si rivelano migliori e paradossalmente più motivati: su questo tema universale Claire Keegan, nata nel 1968 a Wicklow, in Irlanda, già conosciuta per i suoi racconti, pubblicati in Italia da Neri Pozza, ha costruito due romanzi brevi di notevole intensità, Piccole cose da nulla (2021) e Un’estate (2023), entrambi editi da Einaudi nella traduzione di Monica Pareschi, soprattutto per come riesce a distillare i fatti narrativi riproponendo al lettore la vecchia e nobile fusione fra descrizione e dialogato: sembrerebbe un reperto ottocentesco, ma l’evocazione attonita di quanto accaduto conferisce al dettato della scrittrice un’impronta tipicamente moderna.

Bill Furlong, protagonista del primo libro, un orfano che diventa padre di cinque figlie e decide di accoglierne un’altra non sua abbandonata in un convento degli orrori e la bambina che, nella seconda opera, riferisce in prima persona il suo soggiorno estivo presso una famiglia di amici, Mr e Mrs Kinsella, disposti a prendersene cura, sono legati a doppio filo l’uno all’altra. A tenerli insieme è la visione lungimirante di Claire Keegan, il cui sguardo si mantiene costantemente ravvicinato sulle persone, ritratte nella loro povertà spirituale prima ancora che sociale ed economica, e sugli ambienti attraversati, un’Irlanda in bianco e nero, spoglia e avara di affetti, sprofondata nella campagna umida e fredda, oppure scompigliata dal vento che rompe gli schieramenti nuvolosi sempre mobili e provvisori.

Nel mezzo delle rovine affettive causate dalla negligenza e dalla miopia degli esseri umani, resta tuttavia nei nostri occhi, come una debole scintilla di luce che resiste nel fondo oscuro dell’animo, la purezza di cuore dei paladini di pace, i quali conoscono le insidie del male ma non rinunciano a praticare il bene e mettono in conto le prevedibili avversità che nasceranno.

Bill Furlong alla fine porta in salvo la ragazza dispersa, pur intuendo che dovrà affrontare numerosi ostacoli: «Il peggio doveva ancora venire, lo sapeva. Già sentiva un mondo di guai ad attenderlo dietro la porta che si preparava a varcare, ma allo stesso tempo il peggio che avrebbe potuto succedere se lo era già lasciato alle spalle». Ugualmente, nell’ultima pagina di Un’estate, la bambina vede suo padre venire verso di lei ma resta in braccio all’uomo che, insieme alla moglie, l’ha accolta, come se nella piccola entrambi avessero ritrovato il figlio morto annegato tanto tempo prima: «Non ho il coraggio di tenere gli occhi aperti eppure lo faccio, li tengo fissi sul sentiero, oltre la spalla di Kinsella, e vedo quello che lui non può vedere». Certi conflitti sono destinati a restare irrisolti, ma ciò non significa che noi dobbiamo accettarli per sempre.

29 maggio 2024