Iraq, Un ponte per: «Fermare gli squadroni della morte»
L’ong torna ad accendere i riflettori sulla condizione del Paese, che si avvia alle elezioni anticipate. Ragazzi e ragazze di nuovo in piazza: «Non lasciamoli soli»
È del 25 maggio la notizia dell’uccisione di 2 persone e del ferimento di decine di altre, in Iraq. Sono i ragazzi e le ragazze della “rivolta di ottobre” tornati in piazza, dopo lo stop imposto dalla pandemia, in tutto il Paese: centinaia di migliaia di giovani tornati a chiedere la fine della corruzione, del sistema delle quote settarie e soprattutto a chiedere giustizia nei confronti degli oltre 700 loro fratelli e sorelle uccisi dalla repressione poliziesca e dalle milizie armate.
Ad accendere i riflettori sulla situazione del Paese è l’ong Un ponte per (Upp), che esprime «cordoglio e preoccupazione» per le ripetute repressioni sui manifestanti iracheni. L’Iraq, affermano da Upp, «si avvia verso le elezioni anticipate di ottobre, chieste e ottenute dalle mobilitazioni di massa, ma nel clima di intimidazione e di violenza cui gli attivisti sono sottoposti – e fino a che i loro assassini, anche quando sono noti, non vengono assicurati alla giustizia – i manifestanti non ritengono che ci saranno le condizioni per elezioni eque e trasparenti che portino al cambiamento necessario». Lo confermano i numeri: solo negli ultimi mesi, riferiscono ancora dall’ong, sono stati 35 gli attivisti e le attiviste uccisi o fatti sparire in Iraq per mano di veri e propri squadroni della morte.
L’auspicio della ong è che «si arrivi alla verità e si assicurino alla giustizia i responsabili della repressione» e che «il nostro ministro degli Esteri e le cancellerie europee chiedano rispetto verso il legittimo dissenso di milioni di giovani iracheni, esclusi sistematicamente da qualsiasi prospettiva di vita dignitosa». Sotto accusa anche «il sistema di spartizione settaria del Paese , che ha ingoiato decine di miliardi di aiuti e di proventi del petrolio, diffuso corruzione e impunità, con la conseguenza che ancora oggi, a 16 anni dalla guerra, lo Stato iracheno non è in grado nemmeno di erogare acqua potabile ed energia elettrica a tutta la popolazione della Capitale».
I giovani iracheni, spiegano in una nota, vorrebbero «solo un Paese normale, senza truppe straniere e milizie armate sul territorio, in cui tutti gli iracheni siano uguali senza divisioni settarie. La recente visita del Papa in Iraq ha acceso i riflettori del mondo su quel Paese, non facciamoli spegnere di nuovo nell’indifferenza della comunità internazionale – l’appello -, che avrebbe il dovere di monitorare il rispetto dei diritti umani in un momento delicato per il Paese, con le elezioni sempre più vicine. I Paesi come l’Italia, che hanno partecipato con il proprio esercito alla guerra e alla proliferazione degli armamenti in Iraq, hanno un debito nei confronti di questi ragazzi e di queste ragazze. Chiediamo al nostro governo di onorarlo».
27 maggio 2021