Iraq, monsignor Warda: «Trump? Il Medio Oriente soffre da troppo»

L’arcivescovo di Erbil sul “bando” ai cittadini di 7 Paesi islamici negli Usa. E parla di ricostruzione: «Sono un vescovo cristiano. Sono il mio popolo»

L’arcivescovo di Erbil commenta il “bando” ai cittadini di 7 Paesi islamici negli Usa. E parla di ricostruzione: «Sono un vescovo cristiano. Sono il mio popolo»

«Trump? Non so quale sia la sua politica. Io so solo che domani non potrò viaggiare perché sarei dovuto andare negli Stati Uniti. Ma ho un passaporto iracheno, così tornerò indietro». Ha commentato così l’arcivescovo di Erbil, Bashar Warda, l’ordine esecutivo con cui il presidente Donald Trump ha vietato l’ingresso in America ai cittadini di sette Paesi a maggioranza islamica, tra cui l’Iraq, durante la conferenza stampa organizzata lunedì 30 gennaio da Aiuto alla chiesa che soffre presso la sede della Stampa Estera. Oltre all’Iraq, il bando coinvolge Iran, Libia, Somalia Sudan, Siria e Yemen. Il divieto, ha sottolineato monsignor Warda, è temporaneo, ma «pone molti interrogativi». A preoccupare l’arcivescovo non è il «bando» in sé, e Warda non critica direttamente Trump: «Intendo solo ricordare che si vogliono proteggere non gli interessi dei cristiani in Medio Oriente ma gli interessi di una nazione. Il Medio Oriente soffre da troppo tempo per guerre e violenze. Se Trump desidera adoperarsi per ripristinare pace e giustizia per un mondo migliore e fermare la guerra, noi ne saremo felici», ha aggiunto. O comunque non è solo verso il nuovo presidente degli Stati Uniti che il presule sembra indirizzare le critiche: «In questi anni abbiamo confidato solo nella grazia divina e nella Chiesa».

L’esercito e i peshmerga curdi sono prossimi alla riconquista di Mosul, città in mano all’Isis, ma è una la parola chiave che adesso il presule iracheno ripete in tutti i suoi interventi: «Ricostruzione». Secondo Aiuto alla chiesa che soffre, serve un nuovo “Piano Marshall” per permettere ai cristiani e agli iracheni tutti di tornare a vivere. Monsignor Warda ha fatto sapere che il 43% degli aiuti ai cristiani iracheni di Erbil proviene dalla sola Acs. «Ho visto la distruzione – ha detto -. Case rovinate, Chiese bruciate. Ci sono paesi distrutti in piccola parte, altri distrutti al 90%». Oggi la situazione sta lentamente migliorando.

Aiuto alla chiesa che soffre, ha fatto sapere il direttore Alessandro Monteduro, per permettere ai cristiani di lasciare i campi profughi, sta pagando l’affitto a 1.600 famiglie: «Ma il nostro obiettivo è arrivare a 5mila nuclei familiari». La speranza è che riescano a tornare nelle loro case. Per il vescovo l’ordine è chiaro: «Prima vanno ricostruite le strade, poi le case e alla fine le chiese». Solo la ricostruzione, ha ribadito, «può dare coraggio». Anche se per la ricostruzione, ha sottolineato il vescovo, serve la sicurezza: «Noi vescovi abbiamo chiesto all’esercito iracheno e ai peshmerga curdi di darci garanzie. Abbiamo detto ai nostri giovani di unirsi all’esercito». Senza sicurezza è impossibile pensare di restare: «In Iraq c’era un dialogo tra le religioni unico. Adesso bisogna fare in modo che torni». I cristiani, ha sottolineato, non hanno mai partecipato alle lotte intestine del Paese: «I cristiani e gli yazidi – l’altra minoranza divenuta tristemente famosa a seguito delle persecuzioni di Daesh – non hanno mai avuto niente a che fare con questa guerra». E quando si è trattato di porgere una mano, non si sono tirati indietro: «Quando sono arrivati gruppi di sfollati musulmani gli abbiamo fatto avere vestiti e pacchi alimentari, non siamo rimasti indifferenti». Adesso però, ha detto con forza il vescovo, «vengo a chiedere aiuto per la mia gente. Sono un vescovo cristiano, sono il mio popolo».

Nonostante il bando di Trump e la guerra in corso, di fronte alle macerie del suo Paese, Warda continua a confidare che si andrà avanti: «Quando vedo ciò che è accaduto provo molta rabbia. Ma bisogna andare avanti. Non bisogna dimenticare quello che è successo, perché non succeda più. Ma bisogna andare avanti e avere buona volontà».

31 gennaio 2017