Iraq, l’intervento occidentale del 2003 ha scatenato «l’inferno in cui viviamo»
Il commento del patriarca caldeo Sako al Rapporto Chilcot, che ricostruisce l’orgine del coinvolgimento dell’esercito di Londra nella guerra contro Saddam
Il commento del patriarca caldeo Sako al Rapporto Chilcot, che ricostruisce l’orgine del coinvolgimento dell’esercito di Londra nella guerra contro Saddam
«Un passo positivo». Il patriarca caldeo Luois Raphael I Sako definisce così il “Rapposto Chilcot” pubbblicato nei giorni scorsi, mirante a ricostruire scenari e origine del coinvolgimento dell’esercito di Londra nel conflitto armato in Iraq contro Saddam Houssein. Riconoscere gli errori del passato infatti «è importante per non commetterli di nuovo», osserva. E fra gli errori c’è senz’altro l’intervento armato a guida occidentale contro Saddam Houssein del 2003, che «ha scatenato la spirale infernale in cui oggi siamo immersi».
Il documento prodotto dalla commissione d’inchiesta presieduta da sir John Chilcot nei giorni scorsi ha documentato, dopo un lavoro durato quasi 7 anni, l’inopportunità e la illegittimità dell’azione militare contro il regime iracheno decisa in quell’occasione dal governo britannico guidato da Tony Blair. Per l’ex premier britannico «oggi ci troveremmo in una posizione peggiore se non fossimo intervenuti». Affermazione, quest’ultima, totalmente inattendibile per il primate della Chiesa caldea, che all’Agenzia Fides commenta: «Abbiamo un Paese distrutto, quattro milioni di profughi solo dall’Iraq, conflitti che stravolgono la Siria e lo Yemen. I cristiani in Iraq prima di quella guerra erano un milione e mezzo, adesso sono meno di mezzo milione, e molti di loro vivono da rifugiati lontano dalle proprie case». E ancora: «Non c’è lavoro, le economie di interi Paesi sono a pezzi, le istituzioni paralizzate, patrimoni culturali millenari sono stati distrutti. Mi chiedo con quale faccia si possa dire che quella guerra ha rappresentato un bene per il Medio Oriente».
Per il patriarca Sako, tra gli “effetti collaterali” dell’invasione militare dell’Iraq nel 2003 c’è anche la «patologia» jihadista. «Nel vuoto che si è creato – rileva – i jihadisti hanno trovato spazio per far attecchire la loro proposta ideologica ancora più aberrante, quella dello Stato islamico. E viene da lì anche la deriva settaria che avvelena tutta la convivenza. Basti pensare che adesso le presunte “soluzioni” ai conflitti in corso puntano a cantonizzare l’Iraq e altre aree del Medio Oriente su base settaria». Il primate punta il dito contro l’astrattezza ideologica con cui si propagandava la guerra come levatrice della democrazia, che giudica uno dei fattori che hanno alimentato il conflitto del 2003 e la gestione sconsiderata del dopo-guerra. «Quello verso la democrazia, i diritti e le libertà – prosegue – è un cammino lungo e faticoso, come mostra proprio la storia dell’Europa e dell’Occidente. La pretesa di importare tali valori in maniera meccanica, senza rispettare i tempi e le caratteristiche culturali dei nostri popoli, ha contribuito a alimentare il disastro in cui siamo immersi».
Nelle parole di Sako anche il ricordo di Givoanni Paolo II e della Santa Sede, che espressero con forza, nel 2003, la propria contrarietà a quell’intervento militare, considerandolo una scelta sbagliata e gravida di conseguenze devastanti. «I circoli occidentali – ricorda – avevano esaltato il Papa come un loro “alleato” contro il comunismo, ma quando ha detto che quella guerra del Golfo avrebbe portato solo disgrazie non lo hanno ascoltato. È il destino delle voci profetiche, che il potere cerca di occultare, quando non le può usare. È in qualche modo la stessa cosa che è succesa a Gesù. Eppure proprio ascoltando quelle voci, possiamo ritrovare anche oggi la strada perduta di una convivenza pacifica, che aiuti a custodire il bene di tutti».
11 luglio 2016