Iraq, i cristiani rientrano a Mosul con i “Centri di speranza”

L’iniziativa di Open doors, che sostiene i cristiani perseguitati in oltre 60 Paesi. A beneficiarne, 200 famiglie fuggite nel 2014, dopo l’arrivo dello Stato islamico

200 famiglie cristiane, fuggite nel 2014 dopo l’invasione dello Stato islamico, tornano a Mosul e nella vicina Alqosh. A renderlo possibile, il Centro di Speranza promosso da Open doors (Porte aperte), organizzazione no profit che sostiene i cristiani perseguitati in oltre 60 Paesi.  Proprio ad Alqosh, informano dall’organizzazione, un’associazione di volontariato locale, partner di Open doors, ha rimosso un catasto di macerie dall’interno di una chiesa. «Questo è un messaggio per i cristiani, affinché ritornino. Loro appartengono a Mosul», ha affermato Mohammed Essam, uno dei fondatori dell’associazione.

L’obiettivo dei Centri è quello di tentare di «alleviare la sofferenza della comunità cristiana irachena e riportarla in vita». Un Centro di Speranza è un edificio annesso a una chiesa locale, che lavora per ricostruire case (fondi economici, manodopera), rafforzare la comunità cristiana (aiuto pratico, progetti di sviluppo socio-economico, scuole) e favorire un rinvigorimento spirituale (formazione biblica, attività per bambini e giovani). «Sono queste le azioni che vediamo fare la differenza nella vita dei cristiani iracheni oggi, così che, incoraggiati e uniti, partecipino alla ricostruzione del loro Paese», si legge in una nota di Open doors che rilancia le parole di un leader cristiano locale rientrato in Iraq dopo 6 anni di assenza: «La nostra presenza qui è necessaria ora, non solo per quanto riguarda la fede ma anche sotto il profilo educativo. La nostra missione è quella di contribuire a creare un’atmosfera di pace nel Paese, portando, con la testimonianza della nostra fede, amore e pace, non violenza e guerra».

3 dicembre 2020