#IoAccolgo: nasce il Comitato romano

Tra i promotori anche Caritas diocesana e Comunità di Sant'Egidio. Il primo atto: la richiesta a sindaco e prefetto di una moratoria delle fuoriuscite dai centri di accoglienza

Rimettere al centro la dignità e i diritti delle persone. Parte da qui l’impegno del neonato Comitato romano della campagna IoAccolgo, in linea con gli obiettivi dell’iniziativa a livello nazionale. A cominciare da quello di «ridurre gli effetti negativi provocati dalle ultime riforme legislative in materia di “sicurezza”, asilo e immigrazione». Tra i promotori, Caritas diocesana di Roma, Comunità di Sant’Egidio, Acli Roma, ma anche Medici senza frontiere, Focsiv, Cnca Lazio, ActionAid e diverse realtà del terzo settore capitolino.

«Emergenza abitativa, emergenza rifiuti, emergenza decoro, emergenza migranti, emergenza freddo. L’emergenza, a Roma come a livello nazionale – dichiarano -, è divenuta la chiave attraverso la quale mobilitare risorse e azioni straordinarie con cui affrontare le situazioni più diverse, comprese quelle legate a disagio e povertà, su cui si continua ad agire con sgomberi, ordinanze, senza proporre alternative a migliaia di persone costrette a vivere per strada o in insediamenti informali sul territorio cittadino». L’idea quindi è quella di «dare voce e visibilità ai tanti cittadini che condividono i valori dell’accoglienza e della solidarietà e che vogliono esprimere il proprio dissenso rispetto alle politiche securitarie che colpiscono non le diseguaglianze ma i poveri». Rafforzando a Roma interventi di accoglienza diffusa, azioni di tutela dei diritti e servizi di inclusione sociale di richiedenti asilo e titolari di protezione espulsi dal sistema di accoglienza proprio a causa del “decreto sicurezza” dell’ottobre 2018.

Basta guardare al numero dei decessi registrati negli ultimi anni durante l’invero, tra le persone costrette a vivere in strada «a causa della mancanza di un numero adeguato di posti letto nell’ambito delle strutture ricettive presenti sul territorio comunale»: 14 solo lo scorso inverno. E il nuovo piano freddo del Comune, coi suoi 450 posti, sottolineano dal Comitato, «appare del tutto insufficiente a garantire che queste tragedie non si ripetano. In particolare dopo una lunga stagione di sgomberi, che ha causato il proliferare degli insediamenti informali».  E i più esposti al rischio sono i cittadini stranieri, specie dopo le nuove previsioni normative in materia di immigrazione e asilo. «Secondo le nostre stime – spiegano ancora le organizzazioni raccolte nel Comitato, citando dati forniti da ActionAid -, circa 600 posti in accoglienza sono stati persi, tra dicembre 2018 e luglio 2019, nei CAS del territorio dell’area metropolitana di Roma. Roma, inoltre, rappresenta la principale destinazione anche per tutti coloro che per diverse ragioni sono usciti dalle strutture di accoglienza gestite dalle diverse prefetture del Lazio».

Stando ai dati ufficiali, «appare evidente come il circuito cittadino non rappresenti che una porzione residuale dell’accoglienza in città, mentre i numeri di chi ha richiesto accoglienza nella Capitale tramite l’Ufficio immigrazione del Comune tra il luglio 2017 e l’ottobre 2019 – e cioè 7.657 persone – sono impressionanti e indicativi dell’inadeguatezza sempre più marcata del sistema di accoglienza». Tra quanti si sono rivolti allo Sportello Unico, sottolineano ancora da IoAccolgo Roma, molti sono i titolari di protezione umanitaria, ora abrogata (1.742 casi), e sono circa 1.400 le persone irregolari. «A tutte queste situazioni bisognose di accoglienza, dobbiamo aggiungere, secondo le stime aggiornate al 2018 della comunità di Sant’Egidio, le circa 8mila persone senza fissa dimora presenti a Roma e le oltre 3mila persone costrette a vivere all’aperto o in ripari di fortuna».

Di qui la richiesta di un incontro al sindaco Virginia Raggi – insieme agli assessori competenti – e al prefetto di Roma Gerarda Pantalone, alle quali esporre la necessità di alcuni «interventi di buon senso, a breve termine, che permetterebbero una temporanea riduzione dei danni causati dalle politiche messe in atto negli ultimi tempi, a livello nazionale e locale, tracciando una discontinuità rispetto alle scelte più recenti dell’amministrazione». Anzitutto, una moratoria sulle dimissioni dai centri di accoglienza fino al 30 marzo 2020, «permettendo di trascorrere al riparo i mesi più freddi a coloro che rischiano di essere estromessi dalle strutture per decorrenza dei termini». Quindi un’estensione da 3 a 10 giorni del periodo di tolleranza, in caso di allontanamento spontaneo e(o non autorizzato dal centro di accoglienza, prima di procedere alla revoca. Infine, la possibilità di riaccogliere nelle strutture prefettizie del Siproimi (ex-Sprar) fino al 30 marzo 2020 quanti, allontanatisi negli ultimi 3 mesi e con un titolo di soggiorno valido, versano ora in condizioni di vulnerabilità e disagio anche abitativo.

«Il nostro obiettivo – dichiarano ancora dal Comitato romano di IoAccolgo – è uscire dall’unica reale emergenza che stiamo vivendo, che vede le politiche sociali al collasso, sacrificate per lasciar spazio alla criminalizzazione dei migranti, dei poveri, degli altri». L’invito, rivolto a tutti, è quindi a «unirsi alle attività del nostro Comitato e a sottoscrivere l’appello lanciato a livello nazionale per l’abrogazione dei decreti sicurezza: «È il momento di metterci la firma e scegliere da che parte stare».

3 gennaio 2020