Intesa sul nucleare iraniano, «accordo di portata storica»

Il sociologo Renzo Guolo commenta l’intesa raggiunta a Vienna con il gruppo dei 5+1: Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna più Germania

Il sociologo Renzo Guolo commenta l’intesa raggiunta a Vienna con il gruppo dei 5+1, vale a dire Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna più la Germania

Non investe solo il campo specifico del programma nucleare ma anche quello geopolitico l’accordo sul nucleare iraniano siglato a Vienna tra Iran e il Gruppo dei 5+1, vale a dire Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna più la Germania. Un accordo «di portata storica», lo definisce Renzo Guolo, docente di sociologia delle religioni presso le università di Trieste, Padova e Torino ed esperto di geopolitica del mondo musulmano, perché «i contraenti principali sono gli Usa e l’Iran, due Paesi che fino a qualche anno fa si sono contrapposti duramente non solo a parole ma anche nei fatti, in alcuni teatri di conflitto».

Per Guolo un’intesa di questo tipo sanciscse che «l’Iran non può essere più tagliato fuori né sul piano della comunità internazionale per quanto riguarda i flussi energetici, né su quello delle vicende che riguardano le aree di influenza iraniana in Medio Oriente, in primis Siria, Iraq, Libano e Yemen». E riporta «a pieno titolo» Teheran nella comunità internazione»: l’Iran «dirà la sua più di quanto non faccia adesso». In concreto, l’intesa prevede la diminuzione del numero delle centrifughe iraniane (macchine che arricchiscono l’uranio) da oltre 19mila a circa 5mila, e delle scorte di uranio arricchito. Proibito costruire nuovi impianti nucleari per 15 anni e depotenziato l’impianto di Natanz, mentre la centrale di Fordow sarà convertita in un sito per la ricerca. Per i primi 10 anni le attività di ricerca e sviluppo potranno continuare ma non per accumulare uranio arricchito.

Ancora, gli ispettori Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) avranno libero accesso alle centrali, potranno monitorare i siti militari per verificare il rispetto dell’accordo da parte dell’Iran. Teheran ha ottenuto il diritto di appellarsi a un tavolo arbitrale composto da rappresentanti del Paese e dei 5+1. Le sanzioni internazionali saranno rimosse «quando l’accordo verrà implementato» a partire dal 2016. Resterà in vigore per altri 5 anni l’embargo Onu sulle armi, per 8 quello per le tecnologie dei missili balistici. La violazione dell’accordo provoca il rientro in vigore delle sanzioni. Queste ultime, una volta rimosse, libereranno, secondo molti analisti, risorse per 150 miliardi di dollari, frutto dei proventi del petrolio e depositati in banche asiatiche. L’Iran quindi potrà tornare a esportare greggio ai livelli precedenti al 2011 (2,6 milioni di barili al giorno).

Un’intesa, questa, che accontenta tutti, tranne Israele e Arabia Saudita, per i quali «l’inaffidabilità sistemica iraniana è evidente. Il rischio – conclude Guolo – è che ora si apra una revisione dei sistemi di alleanze. I rapporti tra Usa, Israele e Arabia Saudita diventeranno più tesi. Questo è il vero passaggio chiave. Quando si cambia tutto, gli attori dell’area possono sentirsi liberi di compiere altre scelte per frenare questo processo».

14 luglio 2015