Internet e i giovani, navigare senza andare alla deriva

I rischi legati al web: impoverimento delle capacità relazionali fino a vere proprie dipendenze che modificano la percezione di sé e dell’ambiente

Non si può più fare a meno di internet: ormai è assodato. Navighiamo tutti in un mare di notizie e stimoli. Insieme alla realtà sociale in cui siamo inseriti “fisicamente” esiste una società on-line con cui ci confrontiamo quotidianamente e che spesso ha regole e caratteristiche proprie, una società liquida, come descrive Zygmunt Bauman: «Liquida perché tutte le identità possono essere come non essere, tutte le scelte potrebbero essere fatte diversamente, tutte le appartenenze (classe, genere, famiglia, fede, nazione, luogo) ingenerano fedeltà o tradimenti egualmente arbitrari».

In questo contesto, se fino ad oggi abbiamo sentito parlare di “nativi digitali” e migranti digitali, adesso si utilizzano i termini “residente digitale” e “visitatore digitale” (Prensky). La differenza sostanziale sta nel definire gli utenti della rete in base all’uso dello strumento e non in base all’epoca storica in cui sono cresciuti. Il residente ha una propria e definita identità sul web, il visitatore è, invece, colui che saltuariamente fa uso di internet.

Sono sempre di più, senza distinzioni di sesso ed età, le persone che creano un proprio profilo on line: è proprio in relazione al concetto di identità digitale che diventa importante aprire una riflessione, legata strettamente al benessere individuale e sociale: in tutti i social network (Facebook, Twitter, Instagram, ad esempio) ogni individuo crea un’identità virtuale ed entra in contatto con gli altri utenti, siano essi conosciuti o sconosciuti.

Il termine “contatto nasconde una trappola: nel mondo di internet ormai è sinonimo di un semplice +1 nella propria lista di conoscenze, in senso psicologico invece, entrare in contatto con l’altro vuol dire predisporsi ad una “apertura” relazionale che permette di comunicare in modo attivo e partecipato; essere ascoltati con interesse con la consapevolezza di entrambi i partecipanti che tutto ciò sta avvenendo. Ciò non vuol dire che necessariamente la relazione che si instaura attraverso lo schermo di un computer o di un cellulare sia disfunzionale, ma è importante prendere in considerazione l’aspetto virtuale della relazione stessa.

In prima istanza la mancanza della comunicazione non verbale come il tono, la postura, i gesti, on line favorisce attribuzioni spesso errate dello stato d’animo dell’altro: la mancanza di un feedback immediato rende più facile interpretare i messaggi sulla base delle proprie convinzioni.

Inoltre, quando la relazione virtuale sostituisce quella reale, il rischio è un impoverimento delle capacità relazionali di ognuno nel gestire una relazione dal vivo. Molti individui si rifugiano nelle relazioni virtuali a causa di disagi e difficoltà a gestire il proprio mondo interno e interpersonale: vissuti di solitudine, poca autostima, reazioni a situazioni stressanti e/o traumatiche nel proprio percorso di vita. In questi casi la rete diventa un nascondiglio della propria individualità, un luogo più sicuro: sicuro nel senso che la persona preferisce perdersi nel mare infinito della rete, alla ricerca di stimoli sempre nuovi e sempre più scollegati dalla sua esperienza reale e dai suoi vissuti emotivi. Questa modalità si può strutturare come una vera e propria dipendenza, che ha come fine ultimo quello di modificare la percezione di sé e dell’ambiente, per far fronte alla propria realtà in cui la sofferenza non può essere regolata in altro modo.

Diventa, quindi, di cruciale importanza, considerare la dipendenza come un costrutto psicologico in cui il focus non è più la sostanza (o il singolo comportamento), ma l’insieme dei fattori psicopatologici (ambientali e personali) che hanno in comune le persone comunemente definite dipendenti. In questa prospettiva diventa chiaro che «le persone diventano dipendenti da esperienze che possono modificare l’umore e le sensazioni e, pertanto, la dipendenza, prima ancora di essere una condizione neurobiologica o un problema sociale, è un fenomeno individuale che può presentarsi nel corso dello sviluppo psicologico come risposta a specifici fattori evolutivi (Rusconi et. al)». (Guido Paolopoli)

 

29 settembre 2017