Intellettuali e leader religiosi sul genocidio armeno: «Non in nome nostro»
La domanda ai governi occidentali: «Se non riuscite a indignarvi e impegnarvi per gli uccisi di ieri, cosa dobbiamo aspettarci per le minoranze in Oriente?»
La domanda ai governi occidentali: «Se non riuscite a indignarvi e impegnarvi per gli uccisi di ieri, cosa dobbiamo aspettarci per le minoranze cristiane ed ebraica in Oriente?»
I vescovi italiani Luciano Monari (Brescia) e Luigi Negri (Ferrara-Comacchio); padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa; i rabbini Giuseppe Laras, che è anche presidente del Tribunale rabbinico del Centro Nord Italia, Roberto Della Rocca e Alfonso Arbib. E ancora, intellettuali come la scrittrice Antonia Arslan, Salvatore Natoli e Beppe Severgnini. Sono solo alcuni dei fimatari del manifesto sottoscritto da una serie di personalità del mondo intellettuale e religioso a favore del popolo armeno e del riconoscimento del genocidio vissuto cento anni fa. Il titolo: “Non in nome nostro. Solidarietà al popolo armeno, al Papa e al Catholicos”.
Il genocidio armeno, avvertono i firmatari del manifesto, è stato per decenni «parzialmente occultato e abbondantemente negletto da una certa cultura. Colpevolmente». Fanno notare come coinvolgesse «in primo luogo i turchi, ma non solo. Molti Paesi europei (in primo luogo la Germania) – si legge nel testo – sapevano, non intervennero, ma anzi collaborarono. Un’intesa tra persecutori». Quindi l’annotazione: «Ci sono poi stati, ieri come oggi, i molti silenzi dei cristiani occidentali, cattolici o riformati che fossero».