Insegnanti di religione, obiettivo puntato sul Medio Oriente

Insegnanti di religioneDedicata al tema delle persecuzioni contro i cirstiani l’assemblea di inizio anno promossa dall’Ufficio diocesano per la pastorale scolastica. Il vescovo Selvadagi: «L’impegno alla fraternità universale»

«Secondo l’ong americana evangelica Porte Aperte, una tra le tante organizzazioni che raccoglie questi dati, nel Medio Oriente c’è il maggior numero di persecuzioni cristiane». È partito da una drammatica realtà padre Luciano Larivera, scrittore gesuita de La Civiltà Cattolica, per approfondire il tema del “Medio Oriente fra religioni e geopolitica” di fronte a una nutrita platea di insegnanti di religione. Il suo intervento, sabato 6 settembre, è stato al centro dell’assemblea di inizio anno promossa al santuario del Divino Amore dall’Ufficio per la pastorale scolastica del Vicariato. Una giornata all’insegna della preghiera per i cristiani perseguitati nel mondo, in particolare in Siria, Iraq e Terra Santa. Cristiani che, con il loro stile di vita, stanno dando una radicale testimonianza di umiltà e di amore. Lo ha sottolineato don Filippo Morlacchi, direttore dell’Ufficio scuola del Vicariato, introducendo i lavori. Citando la prima lettera di Pietro, il sacerdote ha spiegato che «non rispondere al male con il male ma rendere ragione della speranza con dolcezza e rispetto, è lo stile di vita del cristiano nella persecuzione. È ciò che dovrebbero fare gli insegnanti di religione ed è quello che fanno ogni giorno tante persone nel mondo».

Quindi padre Luciano Larivera si è soffermato sulla complessità del Medio Oriente: «Un coacervo di tribù, etnie e religioni» dove «l’identità è data dalla religione e dal rito e dove anche i cattolici e i cristiani non vanno d’accordo», come dimostra la situazione esistente al Santo Sepolcro di Gerusalemme. «Sciiti e sunniti – ha proseguito il gesuita – sono andati d’accordo per tanto tempo, ma le tradizioni possono essere distrutte inventando altre tradizioni». Ad esempio, il salafismo (una scuola di pensiero sunnita che identifica le prime tre generazioni di musulmani, che i salafiti considerano modelli esemplari di virtù religiosa) dell’Isis «è un’invenzione perché i popoli arabi non sono mai stati uniti. I palestinesi sono molto nazionalisti, ma ora si sentono pan sunniti» sulla spinta dell’Isis. Il problema, mette in evidenza padre Larivera, è proprio quello della «primavera sunnita in Iraq e Siria» per quanto riguarda la loro partecipazione al potere politico.

Ecco perché «è cruciale comprendere perché e come l’Isis combatte. La sua è una guerra di religione e di annientamento» che «strumentalizza il potere alla religione e non viceversa», ha scritto padre Larivera nell’articolo di apertura dell’ultimo numero de “La Civiltà Cattolica”, dedicato proprio a “La tragedia umanitaria in Iraq”. Nel suo intervento, il gesuita ha suggerito che «la stabilità e la sicurezza saranno garantite soltanto se i sunniti in Siria e Iraq avranno gli stessi diritti politici, civili, sociali ed economici delle altre etnie e gruppi religiosi», sottolineando che «la comunità islamica mondiale ha il dovere di distruggere nei cuori di tutti i musulmani una concezione estremista del Corano e della tradizione islamica».

Sulla tragica situazione mediorientale si è soffermato anche monsignor Paolo Selvadagi, vescovo ausiliare per il settore Ovest, nell’omelia della Messa che ha concluso la mattinata. «La complicata situazione del Medio Oriente – ha scandito – ci deve aiutare a riflettere su noi stessi e sul nostro comportamento. Il Vangelo ci affida un impegno: la fraternità fra di noi e la fraternità universale. Ma noi ci crediamo veramente?». In questo contesto, ha chiosato il presule, «il nostro compito consiste nel fare esperienza della “correlazione sinfonica”»: cioè, essere consapevoli che «strumenti completamente diversi eseguono ciascuno la propria parte per dare vita a una splendida sinfonia».