Infanzia negata per 690 milioni di piccoli

Alla vigilia della Giornata internazionale del 1° giugno, pubblicato il rapporto di Save the Children sulle condizioni dei bambini nel mondo. In un anno, 53mila minori uccisi nelle aree di conflitto

Malattie facilmente curabili e prevenibili, malnutrizione, impossibilità di andare a scuola, matrimoni precoci. Per 690 milioni di bambini – quasi 1 su 3 – in tutto il mondo, l’infanzia è un diritto negato. E il quadro si fa ancora più cupo nei Paesi devastati dai conflitti, dove in un solo hanno 53mila minori hanno perso la vita a causa delle violenze. Alla vigilia della Giornata internazionale dei bambini, il 1° giugno, Save the Children pubblica il suo rapporto sulle condizioni dei bambini nel mondo: un’istantanea dalla quale emergono anche i progressi significativi compiuti negli ultimi 20 anni a tutela dei diritti dei più piccoli. Basti pensare che nel 2000 «i minori derubati della propria infanzia erano 970 milioni», si legge nel rapporto; un numero che oggi si è ridotto di 260 milioni, assestandosi a quota 690 milioni.

Una «notizia importantissima», la definisce il direttore generale di Save the Children Valerio Neri, evidenziando i «miglioramenti enormi» registrati nelle condizioni di vita dei bambini in tutto il pianeta. «Quando si intraprendono i passi giusti e si mettono in campo le azioni necessarie – commenta – si possono ottenere risultati straordinari per assicurare un futuro a milioni di minori, anche nei Paesi più poveri e nei contesti più complicati. Tuttavia, il lavoro è tutt’altro che compiuto – prosegue – perché sono ancora troppi i bambini che continuano a essere privati dell’infanzia che meritano e che soffrono terribilmente a causa di guerre, povertà, cambiamenti climatici». Per Neri è «fondamentale» quindi «che i leader mondiali, che nel 2015 si sono impegnati a raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile entro il 2030, facciano ancora di più e mettano in campo ogni sforzo possibile perché nessun bambino al mondo venga più lasciato indietro».

In fondo alla classifica dei Paesi dove l’infanzia incontra le condizioni migliori, stilata per il terzo anno consecutivo dall’organizzazione internazionale, c’è la Repubblica Centrafricana; a seguire Niger e Ciad. Complessivamente, a occupare gli ultimi 10 posti sono 10 Stati africani, di cui 6 colpiti da conflitti. Sul versante opposto, il primato dei Paesi più a misura di bambino spetta a Singapore, seguito da Svezia e Finlandia. L’Italia è ottava in graduatoria, in linea con lo scorso anno, peggio solo di Irlanda, Germania, Slovenia e Norvegia, oltre che dei tre sul podio, sebbene nel nostro Paese oggi si contino 1,2 milioni di minori in povertà assoluta.

Nel rapporto, l’elenco delle “buone notizie”: rispetto a 20 anni fa, si registrano 4,4 milioni di morti infantili in meno ogni anno; il numero dei piccoli colpiti da malnutrizione è sceso di 49 milioni; 115 milioni di bambini in meno sono tagliati fuori dall’eduzione e 94 milioni in meno coinvolti nel lavoro minorile. Diminuito anche il numero di spose bambine – ridotto di 10 milioni – e quello delle gravidanze precoci (-3 milioni). Sierra Leone, Ruanda, Etiopia e Niger – che rispetto allo scorso anno ha abbandonato l’ultimo posto nella classifica elaborata da Save the Children  i Paesi al mondo che hanno fatto registrare i maggiori progressi in termini di tutela dell’infanzia.

Di contro, peggiorano di gran lunga le condizioni dei bambini coinvolti nelle aree di conflitto. Oggi, nel mondo, sono circa 31 milioni i minori che sono stati costretti a fuggire dalle proprie case nel tentativo di mettersi in salvo e solo nel 2016 in seguito alle violenze sono stati uccisi 53mila piccoli, di cui il 64% in Medio Oriente e Nord Africa. Non a caso la Siria figura tra gli unici tre Paesi al mondo (insieme a Venezuela e Trinidad e Tobago) dove, secondo la graduatoria di Save the Children, le condizioni di vita per i bambini negli ultimi 20 anni non hanno subito alcun tipo di miglioramento. Lo Yemen si segnala invece per le forti difficoltà nel reperire dati aggiornati, a causa del devastante conflitto in corso nel Paese ormai dal 2015.

Complessivamente, ogni giorno nel mondo 15mila bambini perdono la vita prima di compiere i 5 anni. Tra le cause principali, la polmonite, che solo nel 2017 ha provocato la morte di oltre 800mila piccoli. Ancora, è affetto da malnutrizione circa 1 bambino su 4 al di sotto dei 5 anni, per un totale di 152 milioni di bambini nel mondo, anche se i Paesi più colpiti dal fenomeno sono quelli dell’Africa subsahariana, dove il numero di minori malnutriti, in 20 anni, è aumentato da 50 a 59 milioni. Sul versante istruzione, è tagliato fuori dalla scuola primaria e secondaria 2 bambino su 6 nel mondo: in tutto, 262 milioni di bambini. Una percentuale che si alza ulteriormente nei Paesi più poveri, dove non va a scuola 1 piccolo su 3, e tra i minori rifugiati (1 su 2 privato della possibilità di studiare). Sono invece 152 milioni – 1 su 10 al mondo -, di cui circa il 50% in Africa, i minori coinvolti nella piaga del lavoro minorile, di cui quasi la metà costretti a svolgere lavori pesanti e pericolosi che ne mettono a grave rischio la salute e la sicurezza. Matrimoni e gravidanze precoci riguardano, nel 2017, 37 milioni di spose bambine; 13 milioni, nel 2016, le ragazze tra i 15 e i 19 anni che hanno messo al mondo un figlio, esposte a gravi rischi per la loro salute e per quella dei loro bambini e «costrette a rinunciare troppo presto a costruirsi il futuro che meritano», è la denuncia di Save the Children.

29 maggio 2019