Indi Gregory, Enrico Petrillo: la terminalità, «tempo di restare con le lampade accese»

Il vedovo di Chiara Corbella, padre di due «bimbi speciali», interviene sulla vicenda della neonata inglese morta dopo il distacco dei macchinari che la tenevano in vita

«Mi sembra che la storia di Indi, anche se indirettamente abbia diversi punti in comune con la mia. Mi sento coinvolto personalmente per diversi motivi: in quanto cattolico, in quanto fisioterapista palliativista (lavoro da 15 anni nelle cure palliative), ma soprattutto in quanto padre di due bimbi speciali, Maria e Davide, che come Indi, incompatibili con questa vita “biologica”, non potevano restare a lungo qui con noi». Enrico Petrillo, vedovo di Chiara Corbella, interviene sulla vicenda di Indi Gregory, la neonata inglese morta dopo il distacco dei macchinari che la tenevano in vita, per la quale anche il governo italiano si era mobilitato perché fosse accolta all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù.

Scrive rivolto «soprattutto a noi cattolici», stringendosi idealmente «al dolore di tutti quei papà e quelle mamme che accompagnano al cielo i propri figli e soprattutto, oggi, ai genitori di Indi. Questo dolore ci unisce. Noi – prosegue – abbiamo scelto di accompagnare i nostri figli senza voler prolungare qualsiasi sofferenza in più rispetto a quella inevitabile pensata dal Re della Storia. Ovviamente ci dispiaceva doverli salutare ma da cristiani, sapevamo che ci saremo rivisti. Ci chiedevamo dove fosse la tristezza nel passare dalle nostre braccia a quelle del Padre – aggiunge -. Me lo chiedo ancora. Desideravamo solo accompagnarli restando lì, vicino a loro, per il tempo che ci sarebbe stato concesso e consegnarli al Padre, loro creatore».

La terminalità, riflette Petrillo, «non è un momento preciso e definibile, nessuno di noi sa quando lo Sposo arriverà, ma come una “sfumatura” è un tempo da vivere. È il tempo del restare con le lampade accese. “Siamo nati e non moriremo mai più” – prosegue citando le parole pronunciate da Chiara -, solo questo importa. Maria e Davide sono nati, Indi è nata. La morte è solo un momento dalla nostra eternità. Mai ci saremmo sostituiti a Dio, né anticipando una morte né prolungandola con accanimenti clinici “futili”», vale a dire che non hanno «il potere di cambiare la sostanza».

Esprimendo dispiacere per «la sofferenza che si sta generando in ogni direzione “ideologica” attraverso il susseguirsi di molteplici incomprensioni», il marito di Chiara Corbella sottolinea che nella vicenda «non ci sono vincitori. Sono convinto però che l’ignoranza, riguardo a queste tematiche, che purtroppo sta emergendo da noi cattolici, possa essere vinta – aggiunge -. La vita di un bimbo mai dovrebbe diventare questione politica, ideologica e di propaganda. Vediamo le stesse cose ma da prospettive diverse, vogliamoci bene lo stesso. Lottiamo insieme per difendere la vita, ma è necessario fare chiarezza rispetto a quale sia la vita che vogliamo difendere a ogni costo. Quella biologica, non illudiamoci, finirà e “difenderla a ogni costo” è appunto solo una illusione. Accettare questo limite ci permetterà di cambiare le nostre prospettive e quindi le nostre scelte. Far finta o sperare che sorella morte, non ci sia è il modo migliore per soffrire e far soffrire».

16 novembre 2023