Incontro mondiale: tra genitori e figli, la «fatica leggera» dell’amore
Continuano le testimonianze, nell’ambito del Congresso teologico pastorale in corso in Aula Paolo VI. Racconti di operatori pastorali e famiglie, come quella dei coniugi De Palo, 5 figli, di cui l’ultimo con sidrome di Down. «Il sostegno della comunità, degli amici»
«Rispetto ad altre edizioni, per esempio a Dublino, questa volta è tutto più concentrato, forse anche più intenso, ma così si riesce a seguire tutto e non siamo obbligati a fare delle scelte tra una relazione e l’altra. E poi dalle testimonianze emergono esperienze che ci fanno molto bene: non sono lezioni teoriche ma vita vissuta da condividere». Si è espresso così un delegato, durante una pausa del Congresso teologico pastorale in corso nell’ambito del X Incontro mondiale delle famiglie. Ieri, 23 giugno, nell’Aula Paolo VI si sono succeduti i racconti di famiglie e operatori pastorali. Nel pomeriggio, introdotti da Paolo e Cristina Pellini, i relatori hanno parlato di difficoltà, di crisi superate, di accoglienza della vita. Argomenti che dimostrano la bellezza straordinaria dell’amore familiare, sottoposto a prove, sofferenze e fragilità perché, come ricorda Francesco, le famiglie perfette non esistono. Dunque, occorre saper accompagnare queste prove, saper perdonare. È stata l’esperienza dei sudafricani Stephen e Sandra Conway, che hanno raccontato come sono scivolati nel vortice del tradimento e come l’abbiano superato grazie a “Retrouvaille”, che aiuta le coppie in difficoltà. Un percorso che prende in esame «quattro fasi del matrimonio: romanticismo, disillusione, miseria (dove è avvenuto il nostro tradimento) e infine gioia», ha spiegato Stephen.
Non meno importante il tema dell’accoglienza dei figli. I coniugi statunitensi Ryan e Mary Rose Verret hanno messo in evidenza l’importanza della presenza dei genitori nella vita dei figli, anche quando questo significa «aprirsi alla sofferenza, diventare vulnerabili. Diventare madre per una donna significa aprire il suo cuore alla gioia e alla sofferenza». E, come ha spiegato Ryan, «ciò che più desiderano i figli dal loro padre è la presenza», il dialogo, l’accompagnamento. Accogliere la vita nascente da due diversi punti di vista è stato il tema delle ultime due relazioni. Come ha spiegato Cristina Pallini nell’introduzione, «accogliere il dono della vita ma anche sapersi inchinare di fronte a ogni vita desiderata e voluta da Dio così com’è». I coniugi catalani Jordi Cabanes e Glòria Arnau hanno raccontato la loro esperienza, segnata dal carisma di don Giussani e dall’impegno nella sezione spagnola dell’associazione Famiglie per l’Accoglienza. Un impegno che li ha portati ad aprire le porte della loro casa a decine di persone nel corso degli anni. Ma, hanno sottolineato, «non vorremmo dare un’immagine erronea, ingenua. Come dice il Vangelo, il suo giogo è morbido e il suo peso leggero, ma questo non ci risparmia dolore o stanchezza. Nel cammino cristiano che stiamo facendo come individui, come famiglia e come comunità, vediamo che siamo sempre più impegnati, sempre più stanchi ma sempre più soddisfatti. Un altro paradosso del cristianesimo».
Un po’ quello che hanno evidenziato anche Gigi De Palo e Anna Chiara Gambini, che hanno raccontato la nascita del loro quinto figlio, Giorgio Maria, nato con sindrome di Down. Una testimonianza introdotta dal battito del cuore di un bambino nel pancione della mamma: «Un linguaggio – ha detto De Palo – che non va tradotto, che tutti capiscono, quello di quando andiamo a fare un’ecografia. È il rumore della dignità della persona umana. Quando è nato il nostro quinto figlio avevamo l’arroganza di sapere già tutto. Giorgio Maria ci ha stupito e ci ha cambiato la vita un secondo dopo la sua nascita. Perché lui non è solamente un figlio con la sindrome di Down, ma è stato per noi il terremoto delle nostre inutili certezze». E ancora: «Ci siamo sorpresi sin da subito a commuoverci di felicità per qualcosa che, forse, avrebbe dovuto preoccuparci. Non capiamo bene cosa sia successo, ma per la nostra coppia quel giorno è stato senza dubbio uno dei momenti più belli. C’era tutto il nostro matrimonio e qualcosa di più: complicità allo stato puro, quando ti guardi negli occhi e vedi una dolcezza che non credevi di avere perché ti senti amato nell’accoglienza di un figlio sorprendentemente diverso. Questo nuovo figlio è la ciliegina sulla torta per la nostra famiglia. Perché è facile raccontare la bellezza della famiglia quando va tutto bene. Un po’ più difficile quando la vita ti scombina tutti i piani. Quando ti immaginavi su due binari rettilinei e invece ti ritrovi sulle montagne russe».
Commovente il racconto del modo in cui Gigi e Anna Chiara hanno annunciato la nascita di Giorgio Maria sui social e di come, grazie alla loro testimonianza, diverse famiglie che attendevano bambini con la sindrome di Down hanno deciso di far nascere il loro figlio. «Noi non siamo bravi. Non siamo una famiglia modello. Siamo semplicemente una delle tantissime famiglie che ha detto sì alla vita, non per una questione ideologica, non perché ce lo hanno detto in parrocchia, ma perché era bello», ha detto Gigi. «Abbiamo voluto raccontare questi fatti perché oggi Giorgio ha 4 anni, un carattere deciso e caparbio e soprattutto la sua presenza nella nostra famiglia è molto oltre ciò che avremmo osato sognare – ha aggiunto Anna Chiara -. Con lui ogni giorno sperimentiamo la fatica leggera di amarlo in modo incondizionato. La commozione di vederlo amato dai suoi fratelli e dai suoi amici, lo stupore di scoprirlo amato dal mondo molto più di quanto le nostre paure ci avrebbero lasciato immaginare. Eppure, la fatica resta, è lì che sfianca silenziosa, come in una eterna notte dell’ultimo dell’anno. La notte in cui rimanere svegli è leggero per l’euforia della festa, non vuol dire non sentire la stanchezza il giorno dopo. L’amore per un figlio speciale è così, l’amore appassionato del prodigarsi in cure: non mette a riparo il corpo dalla stanchezza fisica e questo tema va condiviso a chiare lettere nel testimoniare l’amore per la vita». Senza dimenticare, con sano realismo, l’importanza di non prescindere «dal sostegno della comunità, degli amici, delle persone che compongono le nostre relazioni».
24 giugno 2022