Incontro di Bari. Sandri: «Preghiera e profezia, le armi della Chiesa»

Il cardinale prefetto della Congregazione per le Chiese orientali interviene sull’appuntamento che il 7 luglio vedrà il Papa impegnato, con tutti i capi delle Chiese cristiane, a rilanciare l’opera comune a favore della pace

Un pontefice mai stanco e sempre più intenzionato a invocare preghiera, pace e dialogo nel mondo. Sarà così anche a Bari, sabato 7 luglio, per un incontro ecumenico di grande significato, come spiega il prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, il cardinale Leonardo Sandri: «Questo evento, che si svolge in una città simbolo di apertura verso l’Oriente, è un gesto profetico voluto da Papa Francesco che già innumerevoli volte ha rivolto appelli per i cristiani del Medio Oriente e per i cristiani perseguitati. Un gesto profetico condiviso con altri capi delle Chiese del Medio Oriente, cattolici e ortodossi. Bari conserva le reliquie di san Nicola, molto venerato dagli ortodossi e la preghiera sulla sua tomba ha una enorme valenza ecumenica».

Eminenza, da Bari, Papa Francesco rilancia con forza quella che potremmo definire la diplomazia della preghiera?
La preghiera e la profezia sono le armi della Chiesa. La preghiera sarà il tema portante dell’incontro perché il destino dei popoli, la pace nel mondo e il futuro della Chiesa in Medio Oriente è nelle mani di Dio. L’evento nel capoluogo pugliese servirà a riflettere e pregare per i cristiani in Medio Oriente e a Gerusalemme – «Su di te sia pace!», recita il salmo richiamato dal Papa – e vuole essere un richiamo al mondo intero sulle condizioni in cui versano questi nostri fratelli. La preghiera ecumenica ha un significato di grande valore per i nostri cristiani che hanno sofferto e che soffrono ancora oggi la guerra e la persecuzione. A Bari saranno presenti i patriarchi cattolici mediorientali e rappresentanti significativi provenienti da città, come Aleppo, simbolo del martirio, della persecuzione e della testimonianza cristiana in un tempo terribile di guerra che pare non voglia finire mai.

Molti di questi cristiani hanno pagato con la vita la loro fede.
A Bari verranno ricordati tutti, coloro che sono stati uccisi, rapiti, spariti senza conoscerne la fine. I capi delle Chiese presenti all’incontro avranno simbolicamente dietro tutte le loro comunità di fedeli, i sacerdoti e i vescovi che sono morti in questi anni di guerra. Penso a monsignor Faraj Rahho, arcivescovo caldeo di Mosul rapito e ritrovato morto nel 2008. Vorrei ricordare in particolare le persone sparite e delle quali non si sa più nulla: i due vescovi di Aleppo, il siro-ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e il greco ortodosso Paul Yazigi, rapiti il 22 aprile 2013, il padre gesuita Paolo Dall’Oglio, e tanti altri sacerdoti e laici che hanno dato la loro vita. Tutti saranno presenti e ricordati a Bari.

Qual è oggi la più grande tribolazione dei cristiani in Medio Oriente?
È quella di essere colpiti nella loro dignità di persona umana, privati di tutto, di casa, di affetti, sottoposti all’insicurezza, attaccati dall’odio e dalla divisione fino a pensare di partire per cercare in altri lidi un futuro di speranza. Una tribolazione non solo fisica che ha toccato tutti, anche i musulmani. Con il gesto di Bari il Papa vuole esprimere a questi fratelli la vicinanza, l’amore e la condivisione della sofferenza e rispondere così all’indifferenza verso chi è scartato, perseguitato e messo da parte.

Quale messaggio invierà l’incontro di Bari alla comunità internazionale?
Bari sarà anche un appello a coloro che hanno la vera responsabilità della pace nel mondo affinché prendano decisioni che non guardino a interessi nazionali e particolari ma a quelli della persona umana fatta a immagine e somiglianza di Dio.

Le guerre e le persecuzioni in Medio Oriente spingono flussi di persone verso l’Europa e l’Italia rappresenta uno di quei lidi di cui parlava poco fa. Lidi però che rischiano di essere chiusi.
Dobbiamo essere sempre aperti e capaci di pensare che ogni cosa che abbiamo fatto a questi fratelli in difficoltà lo abbiamo fatto a Gesù. Avevo sete e mi avete dato da bere, avevo fame e mi avete sfamato, ero esiliato e mi avete accolto. Mai dire basta. È responsabilità di chi governa trovare le giuste formule. Apertura e accoglienza – coniugate con la prudenza e il desiderio di integrare veramente queste persone secondo le possibilità dei luoghi di arrivo – si realizzano attraverso l’adozione di misure ragionevoli per tutti.

Il Papa ha chiesto a tutti a tutti «di accompagnare con la preghiera questo pellegrinaggio di pace e di unità».
Uniamoci al Papa, anche se ci troviamo in vacanza o a lavoro, e chiediamoci: come contribuisco nel mio piccolo a fare qualcosa per le persone che soffrono? La prima cosa da fare è la preghiera, poi l’aiuto concreto che possiamo donare nelle nostre città ponendoci in solidarietà e apertura al fratello e alla sorella che arrivano da noi. (Daniele Rocchi)

3 luglio 2018